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Lo storico Alessandro Barbero: “Abbattere le statue è una forma di razzismo”

Lo storico Alessandro Barbero parla della questione relativa agli abbattimenti delle statue e della rimozione dei simboli razzisti e colonialisti da parte del movimento Black Live Matter in un’intervista al Fatto Quotidiano e dice: “Le statue non si abbattono, ci aiutano a comprendere il presente”.
A cura di Redazione Cultura
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"Abbattere le statue è, a sua volta, una forma di razzismo". Lo storico Alessandro Barbero, in un'intervista al Fatto Quotidiano di Daniela Ranieri, si esprime sulla vicenda relativa all'abbattimento delle statue e alla rimozione dei simboli dai nostri spazi urbani definendo quella dei manifestanti del movimento Black Lives Matter dagli USA a Londra, fino alla polemica italiana sulla statua di Indro Montanelli: “Una battaglia a vuoto, assurda. Una forma di razzismo”.

Rispondendo chiaramente che non condivide le ragioni né il metodo di chi abbatte o danneggia le statue dei colonialisti, schiavisti e razzisti? Diversa sarebbe la questione, risponde Barbero a Ranieri, se in giro ci fosse "una statua dedicata ad Adolf Hitler, cosa che non c'è" in nessuna piazza europea. E all'intervistatrice che gli chiede cosa pensa, invece, del mausoleo al gerarca Rodolfo Graziani voluto nella sua città natale, Affile, lo storico, vera e propria star dei podcast, risponde che sarebbe "a disagio se fosse presente in una piazza di Torino", ma che si tratta di un'iniziativa del sindaco del Paese natale, alla stregua di quanto si fece in Georgia, nella città dove nacque di Stalin,  l'unica in tutta l'ex Unione Sovietica ad avere ancora una statua del dittatore sovietico. Insomma, conclude Barbero, l'esistenza e il senso di un monumento dipendono anche dalla comunità e dal luogo in cui sorge. "Abbatterle – conclude lo storico – tradisce il vizio tipicamente occidentale di voler usare le tracce del passato per parlare dell'oggi". E che sembra "persino razzista" nei suoi intenti, cioè voler affermare "noi siamo migliori degli altri" in nome della costruzione di un "meccanismo del politicamente corretto".

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