Lo spot della Fiat 500 X e la retorica del miracolo economico
Vi è capitato sicuramente di vedere la pubblicità della Fiat 500 X. In sottofondo si ascolta un clarinetto a cui segue una voce angelica: «Penso che un sogno così/ non ritorni mai più». Sulle note de “Nel blu dipinto di blu” vediamo scorrazzare il crossover della Fca. Sfila tra le curve della costiera amalfitana per raggiungere le metropoli più ambite: Rio de Janeiro, Londra, Città del Capo, Mumbai, Tokyo e Los Angeles.
Dopo la prima strofa cantata da Benedetta Romano, mentre domina l’orizzonte marino e un gabbiano plana nel cielo, si ascolta un coro di bambini eseguire il ritornello. A questo punto l’auto non è più in costiera ma ha raggiunto nuove mete, ognuna delle quali segnate da una distanza chilometrica. Tanta strada percorsa e tanta ancora da percorrere. Nei nuovi scenari metropolitani la musica muta genere e lingua: “Volare” si trasforma in brano hip hop interpretato in inglese dai rappers David,Tony e G Snaps. Li vediamo anche alla guida della vettura mentre sfrecciano sulle avenue di Los Angeles (ovvero nella nazione che ha accolto il gruppo Fiat dopo la fusione con la Chrysler). Del resto, la campagna è stata ideata dall’agenzia americana Sapient (adattata per Europa, Medio Oriente e Africa dall’agenzia Leo Burnett) puntando sulla versatilità del termine crossover: la 500 è un superutilitaria con le caratteristiche di un mini SUV, volare è una canzone melodica “attraversata” dal genere hip hop.
La versione estesa dello spot, infatti, inizia con una schermata in cui si legge il significato della parola crossover.
Musica e meccanica penetrano stili e generi, così come l’auto attraversa i continenti, dando luogo e forma alle nuove tendenze dell’era digitale. La conferma della scelta di voler giocare sulla semantica arriva dallo slogan che appare in sovrimpressione al termine dello spot: «Crossing lines, cultures and cars sine 1899»; l’attraversamento di confini, culture e auto evoca la mobilità, il multiculturalismo e la tecnologia, ovvero i tre pilastri della Globalizzazione. Il futuro ha un cuore antico se sa mettersi in gioco accettando la sfida della neo-modernità.
Nello spot distribuito in Italia, la 500 X, dopo aver percorso 155.265 chilometri in giro per il mondo, torna a sfrecciare tra le curve della costiera amalfitana e, all’altezza del ponte che guada il fiordo di Furore, supera una vecchia 500. Gli slogan utilizzati per reclamizzare la vettura sono due: «Nata in Italia per arrivare ovunque: 500X è il crossover italiano» e «I suoi dettagli unici la rendono un’icona italiana, riconoscibile ovunque nel mondo. 500X racchiude il design che da sempre contraddistingue 500 e le tecnologie più all'avanguardia, per offrirti sempre il massimo della sicurezza. E con la potenza del nuovo motore Multijet ti sembrerà di… VOLARE!».
Si rimarcano il design, la tecnologia e l’affidabilità dell’auto per esaltare la creatività degli italiani. Messa così sembra la solita lagna del made in Italy, icona delle icone. Ma il montaggio delle immagini e degli slogan consente di intravedere un preciso uso pubblico della storia sollecitando l’immaginario collettivo dei telespettatori con precisi segnali metaforici che stabiliscono un corto circuito tra l’identità dell’azienda e quella della nazione. La messa in scena è un remake dei valori positivi del Miracolo economico, ovvero di quel periodo storico in cui la Fiat, con la motorizzazione di massa, assume il ruolo di guida dell’industria italiana mentre il Paese compie il “grande balzo” tra le potenze economiche planetarie, liberandosi dalle catene della civiltà rurale.
Andiamo con ordine e partiamo dalla canzone. Quando ascoltate: «Penso che un sogno così/ non ritorni mai più,/ mi dipingevo le mani/ e la faccia di blu», quale immagine vi viene in mente? Il primo pensiero è per Domenico Modugno che spalanca le braccia sul palcoscenico del festival di Sanremo, nel 1958, cantando “Nel blu dipinto di blu”. L’artista, con la sua prossemica, è probabilmente l’espressione più efficace di un’Italia che inizia a uscire dagli anni cupi del dopoguerra per tuffarsi, con un vitalismo inaspettato e sorprendente, in un mondo dove tutto appare possibile e dove sono invecchiati di colpo stili e modelli di vita tradizionali.
Modugno è un giovane pugliese, un emigrante meridionale intraprendente che, avendo vissuto a Torino prima di trasferirsi a Roma, ha fiutato l’aria del cambiamento cogliendo l’annuncio di una stagione felice. Allargando le braccia, di fronte ad una platea tradizionalista, trasforma lo smoking bianco in un aquilone e pare quasi, alzando la gamba sinistra per spingersi in alto, che stia per spiccare il volo. Gli italiani che guardano il festival, in casa o nei bar, sono contagiati da quella vitalità; anzi quel canto è la rivelazione di uno stato d’animo collettivo. La gente comune ha la percezione fisica del mutamento dei tempi, qualcosa di assolutamente nuovo ed emozionante.
L’Italia intera sente di poter volare con Modugno, di poter afferrare il sogno portato dal vento dello sviluppo economico sulle note e sulle parole di una canzone che batterà tutti i primati di vendita, esecuzione e popolarità. Mimì, come lo chiamano in famiglia, mostra agli italiani un futuro possibile, diverso e positivo, che è già cominciato. Volare è la sintesi poetica che sancisce la fine di una storia in bianco e nero da cui principia un mondo a colori in cui trovano posto tutti i fattori e i fenomeni della “grande trasformazione”.
L’utilizzo de “Nel blu dipinto di blu” come colonna sonora dello spot è significativo anche per un’altra ragione: il successo mondiale e in particolare negli Stati uniti d’America. Fino a quel momento, tranne il repertorio della canzone classica napoletana (un must della comunità italoamericana), la melodia italiana, per quanto molto apprezzata, non è mai riuscita a penetrare nell’enorme e magmatica scena musicale americana (con annessi riscontri di vendita).
L’esibizione all'Ed Sullivan Show, il programma televisivo più popolare degli Stati Uniti, è l’avvio di una lunga tournée che tocca, tra le tante città, Boston, Buffalo, Los Angeles e New York dove, il 18 settembre 1958, suona alla Carnegie Hall. Nasce allora il nomignolo di Mr. Volare e anche la canzone è ribattezzata con questo titolo. Il 45 giri rimarrà primo nell'hit parade americana per ben tredici settimane consecutive, record tuttora ineguagliato per un disco italiano. Quando l'eco del successo giungerà in Italia, “L'Espresso”, nell'agosto del 1958, sfornerà un numero in cui campeggia la foto di Modugno in copertina con il titolo: “Modugno ha conquistato l'America”; a fine anno i dati di vendita sono esaltanti: 800.000 copie vendute in Italia e oltre 22 milioni nel mondo.
Nello spot appare anche una vecchia 500. Il 4 luglio 1957 il centro di Torino (e di molti altri capoluoghi) è attraversato da una lunga fila di 120 minuscole vetture che percorrono lentamente le vie della città per lasciarsi ammirare e far salutare le signorine ritte in piedi con mezzo busto fuori dall’abitacolo scoperto. Il 9 luglio la Rai dedicherà alla nuova nata di casa Fiat, la 500, una trasmissione di mezz’ora in cui si magnifica la piena identificazione tra Nazione, Stato e Industria; non a caso l’auto, pensata per tutti gli italiani, è presentata simbolicamente ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio. Il 3 gennaio del 1957, intanto, è iniziato Carosello che, insieme all’apertura del primo supermercato e all’utilitaria della fabbrica torinese, segna l’avvio dei consumi di massa.
Quindi il connubio auto/pubblicità è il marchio di origine dell’Italia del Miracolo, ma c’è anche un’altra coincidenza. Nel 1962 prende il via il Cantagiro: è un giro d’Italia a tappe, come quello ciclistico, che si effettua in auto su cui viaggiano i cantati più famosi di quegli anni. La consacrazione della relazione tra musica e automobili arriva nel 1964 con il brano “Se puoi uscire una domenica sola con me” interpretato da Gianni Morandi che canta: «Se puoi uscir una domenica sola con me/ mi porterò la Cinquecento di papà/ t'aspetterò col batticuore e sai perché/ ti porterò… sulla spiaggia/ ma soltanto per baciarti in riva al mare». La piccola di casa Fiat diventa insomma strumento di identità generazionale, simbolo di libertà, autonomia e indipendenza dal controllo dei genitori. Un mezzo per spezzare il conformismo della vecchia Italia in cui essere giovani non significa appartenere a una categoria sociale ma solo prepararsi alle responsabilità dell’età adulta.
Il set italiano dello spot è la costiera amalfitana, perché? La prima risposta è banale: il paesaggio, con le coste a picco sul mare, è incantevole e richiama la vocazione turistica del viaggio in auto. Ma se spingiamo più a fondo lo scandaglio della memoria ci rendiamo conto che il mito della Divina costa nasce negli anni Sessanta quando il jet-set internazionale comincia a frequentarla e ad animare la vita notturna. Nel 1962 si apre a Praiano il night club L'Africana, costruito all'interno di una grotta alla quale si può arrivare da terra e da mare. Qui suonavano The Platters e tra gli ospiti fissi c'erano il coreografo Rudolf Nureyev, proprietario di un isolotto di fronte Positano, la Regina d'Olanda e lo scrittore Gore Vidal. È proprio lo scrittore, che aveva casa a Ravello, ad invitare, nell’estate di quello stesso anno, la First lady d'America, Jacqueline Kennedy, nel paesino collinare della costiera per le sue vacanze italiane. Soggiorna per tre settimane, dall'8 al 31 di agosto, a Palazzo Episcopio, antica dimora di proprietà dei Duchi di Sangro, già residenza di Vittorio Emanuele III.
Durante il giorno si reca a Conca de' Marini, presso la residenza dei D'Urso, famiglia legata agli Agnelli da un'amicizia di vecchia data. È in quella circostanza che l’Avvocato incontra la First Lady. Gianni Agnelli l’accompagna nei suoi giri per la Costa d'Amalfi e, durante le uscite, sono spesso “paparazzati”: lui in impeccabili mise marinare, e lei elegante con un charme che fa tanto “Dolce vita”. Ogni mattina prende posto su una Fiat 600 decappottabile, messa a disposizione dalla Fiat, e va al mare per praticare lo sci nautico. I turisti fanno a gara per scorgerla a bordo del "Veliero Blu" dell’Avvocato, ormeggiato alle banchine del porto di Amalfi, o mentre è seduta, sempre in sua compagnia, al tavolo del bar San Domingo per un after dinner.
La notizia dell’assidua frequentazione fa il giro del mondo e la stampa americana ricama la trama di una love story, versando fiumi d'inchiostro sulle pagine di cronaca rosa. Gli ingredienti per lo scoop ci sono tutti: il fascino dei protagonisti, la bellezza dello scenario, il sapore mondano e spensierato della Divina costa creano il clima giusto per il pettegolezzo. A quel punto John Kennedy, non può rimanere a lungo in silenzio e impone alla moglie di rientrare a casa: «More Caroline, less Gianni» («Più Caroline [la figlia], meno Gianni»), recita il laconico ma eloquente messaggio inviato a Jackie.
Poi c’è la scena in cui la 500 X supera la vecchia 500. Inutile dire che il pensiero vola verso “Il sorpasso” di Dino Risi, al film che più di tutti, nella vasta produzione cinematografica di quegli anni, rappresenta il carattere, gli umori, le ambizioni dell’italiano medio nel pieno del Miracolo. L’esplicito riferimento al cinema italiano deriva anche dal luogo prescelto: le due auto si affiancano sul ponte di Furore, ovvero davanti al borgo marinaro dove è stato girato il secondo episodio del film “Amore” (1948) di Roberto Rossellini e dove il regista e l’attrice Anna Magnani hanno vissuto un pezzo della loro burrascosa storia d’amore. Rossellini e la Magnani, del resto, sono i simboli del neorealismo, ovvero di quel movimento culturale divenuto sinonimo di italianità nel mondo attraverso la narrazione di un Paese distrutto dalla guerra che ha trasformato l’amara sconfitta in una dolce vittoria.
“Il sorpasso” pubblicitario, però, non ha la valenza di quello cinematografico. Con questa scena non si vuole richiamare l’ambiguità morale del protagonista, Bruno Cortona, che prescrive una modernità rampante, liquidando antichi valori e sentimenti. Si intende, invece, sottolineare che il crossover ha un valore storico intrinseco, quale discendente della piccola vettura, ormai sessantenne, ancora marciante. L’utilitaria ha attraversato stili, epoche, culture e confini per ritrovarsi cambiata rimanendo se stessa, ovvero il cuore pulsante dell’Italia industriale. Insomma, è la Fiat che supera se stessa: dopo essere stata protagonista della trasformazione del paesaggio materiale e morale del nostro paese, ha accettato e vinto, seguendo la ricetta di Sergio Marchionne, la sfida della globalizzazione, come dimostra il tour in giro tra le metropoli del pianeta.
Tirando le fila. “Volare” ci trasporta nel momento in cui tutto è cominciato (1958), l’anno dell’avvio di un impetuoso sviluppo che ha permesso oggi alla Fiat di “conquistare l’America” così come fece Modugno con la sua canzone. La vecchia 500 rappresenta l’identificazione tra l’azienda e la nazione: l’utilitaria è lo snodo intorno al quale si afferma la civiltà dell’auto che modifica lo stile di vita di tutti gli italiani ristrutturando, insieme alla televisione, la nazionalizzazione delle masse nel verso dei consumi. La costiera amalfitana è il simbolo di un’Italia che piace, meta di vip e intellettuali; luogo d’elezione dei ricchi cittadini americani, ma anche emblema dell’”attrazione fatale” tra la Fiat e gli States, un incontro segnato dal destino in cui si intrecciano storie personali e strategie internazionali. Infine “Il sorpasso” è la manifestazione di un’identità autoreferenziale che ha inglobato anche l’identità nazionale, dentro l’abitacolo di un icona della modernità, trasportandola dal neocapitalismo alla globalizzazione.
Il messaggio è: con la Fiat l’Italia può arrivare ovunque e realizzare un altro sorpasso, ovvero un nuovo Miracolo, che la renda ancora protagonista tra le nazioni industrializzate. In ogni caso il dato più evidente rimane il costante riferimento (Volare, la vecchia 500, la costiera amalfitana, “Il sorpasso”) al Boom economico inteso come la cesura storica che indica una nuova origine dell’identità nazionale. L’Italia del XXI secolo può vincere la sfida della competizione globale ispirandosi da un lato alla stagione del Miracolo economico («I favolosi anni Sessanta», avrebbe detto Gianni Minà), dall’altro alla capacità della casa torinese di immaginare il futuro «Crossing lines, cultures and cars». Ora è più facile comprendere perché Marchionne è così ascoltato dal nostro Premier: condividono la stessa retorica della modernità in cui azienda, Paese e successo economico sono tutt’uno.