Dateci un complotto per spiegare lo stop ad Astrazeneca, mai come questa volta ne avremmo bisogno. Oppure offriteci uno studio scientifico, un trattato statistico. Persino delle semplici ipotesi basterebbero invece di quest'ignoto che da ieri ci avvolge, lasciandoci smarriti in una valle di dubbi, incertezze, paure. Ieri, come è stato scritto, è il giorno più nero della lotta alla Covid-19 da quando è iniziata la pandemia per i cittadini europei. Quello in cui le speranze di "magnifiche sorti e progressive" del vaccino si sono infrante come il Titanic contro un iceberg. Che poi l'iceberg esista davvero o meno, al momento poco o nulla cambia. Dal momento in cui i più grandi Paesi europei hanno sospeso "in via precauzionale" la vaccinazione del siero Astrazeneca è stato subito chiaro che, comunque la si vedeva prima, questa mano della partita contro il virus è lose-to-lose.
Perderemo tutti se tra qualche giorno Ema dirà che il vaccino anglo-svedese non potrà essere somministrato ai cittadini europei con la massima garanzia di sicurezza. E perderemo tutti anche se ci dirà che invece potremo iniettarcelo, perché recuperare la fiducia nel vaccino che nessuno vuole più farsi non sarà semplice. Ci vorrà del tempo per recuperare, troppo tempo, un tempo che probabilmente non abbiamo, perché intanto il virus corre e si modifica. Il modo in cui l'Unione Europea ha affrontato fin qui la campagna vaccinale nel suo complesso lascia perplessi (per usare un eufemismo) anche i più convinti europeisti, col risultato che i sovranisti da ieri ringraziano.
Peraltro da ieri nemmeno la tradizionale divisione tra vaccinisti e no vax regge più, le certezze si sono infrante. Da oggi non si tratta di credere nel vaccino o meno in linea generale, si tratta di credere o meno nel vaccino che dovrebbe salvarci. E questo, nel momento in cui viene messo in dubbio, è un bel problema. È la madre di tutti i problemi. È l'ignoto.