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Liberté, Égalité, Précarité!

Secondo Pierre Bourdieu, la precarietà oggi è dappertutto. È diventata l’orizzonte espressivo della dimensione lavorativa ma non solo. Un esempio su tutti: il passaggio in massa al mobile phone, che intreccia tra loro i due momenti della reperibilità permanente e del nomadismo esistenziale.
A cura di Diego Fusaro
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Foto Fabio Ferrari - LaPresseNella foto: Torino, Sciopero Generale Europeo del 2012
Foto Fabio Ferrari – LaPresse
Nella foto: Torino, Sciopero Generale Europeo del 2012
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Secondo la formula del sociologo francese Pierre Bourdieu, "la précarité est aujourd’hui partout": la precarietà oggi è dappertutto. Essa va a permeare ogni dimensione del reale e del simbolico, sottoponendo l’essente nella sua interezza alla dinamica della mobilitazione totale coerente con il paradigma della flessibilizzazione universale tipica dell’odierno capitalismo del just in time.

La tendenza allo short-terminism si fa sempre più universale e va a erodere e a rimodellare tutto ciò che ad essa resiste, in primo luogo i fondamenti dell’eticità e le conquiste sociali, ponendo le vite stesse nel mare procelloso della mobilitazione totale e del più spaesante sradicamento materiale e immateriale: dei quali, a partire dagli anni Novanta del Novecento, è testimonianza sociologica, tra l’altro, la tendenza all’abbandono delle linee telefoniche fisse e il passaggio in massa al mobile phone, che intreccia tra loro i due momenti della reperibilità permanente e del nomadismo esistenziale.

La precarietà è est aujourd’hui partout, in ragione del fatto che si innalza a orizzonte espressivo fondamentale del nostro tempo liquido e strutturalmente non stabilizzato, contraddistinto dalla precarizzazione della dimensione del lavoro e del mondo della vita. Si è, per questa via, creato un nuovo modello umano, l’homo precarius, per il quale instabilità, rischio e incertezza sono integrati nella vita quotidiana: e questo secondo un’unione, mai sperimentata prima, di disorganizzazione anomica e di controllo capillare che coincide, de facto, con la fine del “capitalismo organizzato” di marca fordista.

La flessibilità ovunque dilagante rende oggi impossibile l’osservazione tanto dell’imperativo socratico del “conosci te stesso”, quanto di quello nietzscheano del “diventa ciò che sei”. Rimuovendo la stabilità nel tempo, dissolve ogni identità, essendo quest’ultima data, per definizione, dal consolidamento temporale, vuoi anche dalla permanenza di un sostrato che si mantiene coerente con se stesso nonostante il mutare delle circostanze.

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Sono nato a Torino nel 1983 e insegno Storia della filosofia in Università. Mi considero allievo indipendente di Hegel e di Marx. Intellettuale dissidente e non allineato, sono al di là di destra e sinistra, convinto che occorra continuare nella lotta politica e culturale che fu di Marx e di Gramsci, in nome dell’emancipazione umana e dei diritti sociali. Resto convinto che, in ogni ambito, la via regia consista nel pensare con la propria testa, senza curarsi dell’opinione pubblica e del coro virtuoso del politicamente corretto.
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