Lettera al mio piccolino grande per il suo primo giorno di scuola
Era molto tempo fa. Io e la mia ragazza (la tua mamma) ci conoscevamo da poco, giravamo senza meta in un paesino trovato per caso lungo il cammino di ritorno da qualche tournée. Di solito, nei giorni di pausa fra una città e l’altra (quando ancora giravano i soldi anche in teatro e le tourneè duravano 4 o 5 mesi), puntavamo ad occhi chiusi un dito sulla cartina stradale o imboccavamo l'uscita con il nome che ci appariva più buffo, e lì andavamo. Era un piccolo paesino con un castello altrettanto piccolo sulla cima di un ancora più piccola collina. Abbiamo camminato a lungo fin quando siamo entrati in una vecchissima cartoleria, dove un’anziana (a dir poco) signora, con i capelli alla Margaret Thatcher, ci aveva accolto salutandoci con una vocina così sottile da essere quasi impercettibile: eravamo stati attratti dai giocattoli scoloriti della nostra infanzia, esposti in vetrina. Dentro abbiamo trovato un mondo che non c'è più, con quell’inconfondibile odore di colla e carta vecchia e fra le mille cose che giacevano impolverati sugli scaffali, abbiamo subito notato due cartelle come quelle che portavamo noi quando eravamo piccoli, quelle colorate, rettangolari, con le bretelline per metterle sulle spalle e la taschina per i pastelli sul davanti.
Erano così belle, e così uguali a quelle che usavamo noi quando eravamo dei bambini che cominciavano la scuola nell’83, che senza pensarci le ho prese e ho detto: “Magari le compriamo per quando avremo dei bimbi…” e mi son fermato, perché avevamo unito le nostre strade da poco e facevamo all’amore da meno di un anno (che poi sarebbe da quando ci eravamo conosciuti, perché io, la tua mamma, l'ho amata del primo momento che l'ho vista: "oh cristo santo quanto è figa" è stato il mio primo dolce pensiero sulla tua mamma). Lei però ha sorriso, senza dire nulla – ancora non pensavamo ai bambini, alle bambine, ai pannolini, alle notti insonni, ai pianti inconsolabili, ai primi giorni di scuola – ma aveva un sorriso di quei sorrisi contagiosi, che emanano un’allegria naturale come pochi ne ho incontrati in tutta la mia vita, quei sorrisi che ti fan sognare in un sorriso ancora più lungo, senza fine. Quei sorrisi che mi han portato fin qui, oggi, al primo giorno di scuola del mio piccolino grande che poi saresti tu, piccolo mio.
Le abbiamo conservate quelle cartelle io e la mia ragazza, le abbiamo conservate fino ad oggi, e te le abbiamo date, ma tu, ovviamente, hai preferito portare il tuo zaino di Spiderman (che una volta, quando ero bambino io, si chiamava UomoRagno) per il primo giorno di scuola. La chiamano scuola primaria oggi, dicono che non si usa più chiamarla al vecchio modo, ma a me piace chiamarla ancora così, scuola elementare, perché mi ricorda quei colori, quegli odori, le corse dietro alla luna, quel mondo che non c’è più, ma che per magia, una strana magia che non riesco bene a spiegare, continua nei tuoi meravigliosi occhioni blu, che questa mattina, quando per la prima volta giravi per i corridoi della tua nuova scuola, erano più grandi che mai, più blu che mai, spalancati, pieni di meraviglia. Perché alla fine è proprio questa la magia: alle volte solo i bimbi e le bimbe riescono a farti tornare piccolo, a farti meravigliare nel guardare le cose del mondo come se fosse la prima volta – perché per loro è sempre la prima volta – a credere che tutto sia possibile e che l’impossibile sia solo quello che ancora non è stato fatto, a credere sempre, per loro e per noi, che un altro mondo sia ancora possibile.
Ed è per questo che il tuo primo giorno di scuola per noi è stato un’altalena infinita di emozioni: forse semplicemente perché io sono un frignone e vederti cominciare davanti ai miei occhi la tua vita, e ripeto “tua” perché io e la tua mamma non saremo più lì a vivere con te ogni momento, mi appanna lo sguardo, mi bagna le guance e mi fa venir voglia di farvi diventare piccoli piccoli – tu, la nostra piccolina piccola e la mia ragazza (la tua mamma) – così piccoli da tenervi sempre nel mio taschino; o forse perché, quando ti vediamo camminare per strada con il tuo zaino in spalla, quando scegli ostinato come sempre (perchè tu hai proprio una bella testaccia dura) il tuo posto in classe fra i banchi che sono sistemati in cerchio (e non nella fottuta fila indiana come quando ero io bambino), quando baci la tua mamma con la manina e ci dici di andare perché sei tranquillo e stai bene lì, capiamo, anzi comprendiamo, che quella è la tua vita che comincia e piangiamo.
Piangiamo perché siamo felici e un po' perché ci manca quel piccolo cosino che voleva sempre stare in braccio e non sapeva nemmeno parlare, ma siamo su questo mondo e su questo mondo dobbiamo camminare, così vi dico sempre quando, per qualsiasi ragione, non volete “andare”. I bambini sono delle strane creature, crescono e cambiano di continuo e così ti trovi ad aver a che fare con una personcina sempre nuova, sempre diversa, ma è la vita “baby, that’s life” e tutto il nostro cammino è un cambiamento continuo, altrimenti sai che palle! Dopotutto "L’obiettivo principale della scuola è quello di creare uomini che sono capaci di fare cose nuove, e non semplicemente ripetere quello che altre generazioni hanno fatto", e tu, le tue compagne, i tuoi compagni avete un grande compito, piccolo mio: provare a cambiare tutto, sovvertire le regole, meravigliarvi e meravigliarci, sbatterci la porta in faccia a noi padri e madri che vi abbiamo lasciato in eredità questa stupenda terra che abbiamo trasformato in una latrina, e ridere, ridere e sorridere, perché il mondo si cambia con la gioia o non lo si cambia affatto. Noi tutti e tutte, non solo padri e madri, dobbiamo
“Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto.” Don Lorenzo Milani
Buon inizio Libero piccolo mio
che il naufragar ti sia dolce in questo mare, che il tuo cammino sia lungo, tempestoso, dolce, meraviglioso, pieno di rabbia e di amore, non arrenderti mai piccolino mio, ama chi vuoi, come vuoi e quando vuoi, sii sempre gentile e cerca se puoi di sentire ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo: è un posto bellissimo e terribile, non farti mai trascinare via dalle onde, perché, ricorda, c’è sempre tempo per scappare, tornare e lottare, la tua mamma e il tuo papà saranno sempre qui ad aspettarti, ad aspettare te e Olivia. Non aver paura mai, non c’è niente di più bello di stare insieme… non dimenticarlo.
Buon inizio Libero
buona vita, lunga e prospera
che la forza sia sempre con te