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Le storie del cappello di Jon Klassen faranno impazzire i vostri bambini

Jon Klassen è uno dei più apprezzati scrittori e illustratori di storie per bambini. Con i suoi due libri sul cappello ha vinto alcuni tra i premi più prestigiosi del genere, mescolando morale, cinismo e disegni che vi terranno incollati ai libri.
A cura di Francesco Raiola
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Jon Klassen ha festeggiato quest'anno il milione di copie vendute in tutto il mondo per i suoi due libri sul cappello: “Voglio il mio cappello” e “Questo non è il mio cappello” (entrambi ZOOLibri). I suoi libri sono ormai un classico della letteratura per bambini, nonostante siano usciti, rispettivamente, nel 2011 e nel 2012, diventando dei bestseller in pochissimo tempo. Il primo è stato 48 settimane nella classifica dei bestseller stilata dal New York Times, mentre il secondo 43, senza contare i premi vinti, non ultimo il Kate Greenaway award, riconoscimento inglese dato ai migliori illustratori di libri per bambini.

Provate a entrare in una libreria con vostro/a figlio/a e farglieli vedere e state sicuri che non uscirete da là senza almeno uno di questi due splendidi libri. Non veniamo a dirvi niente di nuovo visto che, come detto, sono già classici, grazie a due storie semplici ma per nulla banali, accompagnate da disegni precisi e un cinismo che rispecchia spesso quello dei bambini. In entrambe, infatti, c'è un cappello rubato e un legittimo proprietario che lo cerca. Se nel primo è un orso a cercarlo e chiederlo agli animali che incontra per la strada, nel secondo è un grosso pesce a ritrovarsi senza il suo piccolo e amato cappello. Se è vero che i bambini sono attratti molto dalle storie, sono i disegni a caratterizzare lo stile del disegnatore americano. Gli occhi ad esempio. In “Questo non è il mio cappello”, infatti ci sono 4 tavole consecutive giocate sugli occhi del pesce grande a cui è stato rubato il cappello da un pesciolino piccolo che ha già ammesso tutto al giovane lettore nella prima tavola. Sono gli occhi che ci spiegano le emozioni del pesce, come spiega lo stesso Klassen in un commento alle tavole del suo libro apparso sul Guardian: “Non è importante come l'occhio sia disegnato, ma ciò che rappresenta” dice ed è nella quarta tavola, quando deve disegnare lo stupore e la rabbia del pesce, che disegna quello che per lui è il miglior occhio, quello che resta per sempre. Senza contare le bollicine. Sì, proprio le bollicine, quelle che segnano il “respiro” del pesce, che aumentano quando si sveglia, si accorge che è senza copricapo e comincia ad innervosirsi. Particolari di cui vi accorgerete pian piano che sarete obbligati a leggere queste storie ai vostri figli.

In entrambi i libri la lettura principale è che non si ruba, anche perché si rischia di fare una brutta fine. Il cinismo di cui si parlava prima sta tutto nelle ultime tavole (o penultime), quando il dado è tratto e ci rendiamo conto che la natura funziona come ci hanno sempre insegnato, ovvero che il pesce grande mangia quello piccolo e, soprattutto, che a ogni gesto corrisponde una responsabilità, soprattutto quando si fa qualcosa che sappiamo sbagliata, come il pesciolino piccolo ci insegna quando ammette di sapere che “rubare è sbagliato”. Ma c'è anche un senso di vendetta pervade queste tavole. Una vendetta che capirete lentamente, sicuramente se leggerete prima la storia dell'orso. In caso contrario la risposta ve la potrete dare quando, alla fine del libro vi chiederete: “E il pesciolino? Che fine ha fatto il pesciolino?”.

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