Le donne gladiatrici esistevano davvero: Achillea e Amazzone, le combattenti più famose dell’antichità
Un bassorilievo rinvenuto ad Alicarnasso e datato fra il I e il II secolo d. C. mostra due agguerriti combattenti armati di scudo e spada corta che si affrontano. Una scena ricorrente nell’immaginario legato all’antichità romana dedita ai giochi di gladiatori, se non fosse per un particolare: le figure immortalate nella pietra sono, in realtà, due donne.
Lo “scandalo” delle donne gladiatrici
Quella di Alicarnasso è una delle poche testimonianze archeologiche a nostra disposizione per ricostruire la portata di un fenomeno che non doveva però essere inusuale: tantissimi sono gli autori che citano, indignati, la presenza del “gentil” sesso nei munera gladiatoria, da Giovenale a Svetonio. E a conferma di una pratica che doveva essere considerata a dir poco scandalosa, in quanto si discostava nettamente dall’ideale femmineo antico, possediamo un altro importante reperto costituito dalla Tabula Larinas: una tavoletta in bronzo che riporta il testo di un editto emanato sotto il regno di Tiberio e che vietava agli uomini, ma anche alle donne, di partecipare ai giochi di gladiatori qualora avessero avuto legami di parentela con senatori o equites.
Non conosciamo lo status sociale della maggior parte delle combattenti, anche se è probabile che, come i colleghi uomini, le donne che scendevano nell’arena erano per lo più schiave o plebee costrette a prestarsi a quello spettacolo sanguinoso. Uno spettacolo che, a dispetto della brutalità di cui era espressione, era molto popolare: così come popolari dovevano essere alcune figure femminili che vi partecipavano.
Achillea e Amazzone: due donne guerriere
È di nuovo grazie al bassorilievo di Alicarnasso che conosciamo due donne gladiatrici, forse non le prime ma di certo le più famose dell’epoca: Amazzone e Achillea. Si tratta sicuramente di due pseudonimi che richiamano i lontani eroi della mitologia, e l’iscrizione sulla tavoletta ci informa che a entrambe venne concessa la “missio”, ovvero la sospensione del duello: una pratica che dispensava i combattenti dall’uccisione reciproca grazie all’audacia e al valore con il quale avevano combattuto.
Due vere e proprie guerriere, dunque, con tanto di spada e scudo ma senza elmo né tunica: era frequente, infatti, che le donne combattessero a seno nudo come nelle antiche raffigurazioni delle amazzonomachie. E chissà se anche la donna a cui appartiene lo scheletro rinvenuto a Southwark nel 2001 aveva combattuto con valore: è sicuramente morta da "gladiatrice", come confermano le decorazioni e gli oggetti rinvenuti accanto al suo corpo, tutti appartenenti al mondo della gladiatura. Oggi il corpo è esposto nella sezione romana del British Museum, anche se il mistero sulla sua vera identità e sul ruolo, probabilmente importantissimo, che le donne hanno avuto nei gladi non è ancora del tutto risolto.