L’autobiografia di Oliver Stone è una dichiarazione d’amore al cinema (e ai sogni)
È uno schiaffo alla pigrizia e a una visione ombelicale del cinema e dell'esistenza, l'autobiografia di Oliver Stone, "Cercando la luce" (La nave di Teseo) in uscita il 27 agosto in libreria. Certo, lui è Oliver Stone e può permetterselo, diranno alcuni. Certo, l'epoca in cui il regista di "Platoon" e "Nato il quattro luglio" (e decine di altri imperdibili capolavori del cinema contemporaneo) si è affermato era molto diversa da quella che viviamo, dove un giovane sceneggiatore e poi regista non aveva davanti a sé un manipolo di natural born killers pronti a soffocarne il talento come oggi, eppure… eppure "Cercando la luce" di Stone è proprio a costoro che parla. Offrendogli un racconto del proprio passato, senza tralasciare l'inferno in cui ogni vita – persino una vita di successo – può trasformarsi, provando a fornirgli uno spiraglio di luce. Se hai talento e ami i tuoi sogni, non sarà tutto rose e fiori, ma – accidenti – qualcosa accadrà.
La luce, quella che nemmeno decenni di carriera, lustrini, premi Oscar, donne, droghe, fallimenti e successi, possono portarti via se ce l'hai. "Non ho mai cercato la provocazione. Ho soltanto inseguito la verità" dice Stone nel libro. Di sicuro ha finito per imbattersi nella luce, chissà se è consapevole di averla trovata.
‘Cercando la luce' di Oliver Stone: il successo, la cocaina, gli Oscar
La storia che state per leggere parla della voglia spasmodica di realizzare un sogno a tutti i costi, anche senza soldi. Parla dell’arte di arrangiarsi, tirando la cinghia, improvvisando, sgomitando, inventandosi espedienti pur di realizzare un film e portarlo nelle sale, senza sapere da dove arriveranno i soldi per il prossimo giorno di paga – o il prossimo monsone, o il prossimo morso di scorpione. Parla della volontà di non darsi mai per vinto. Parla di bugie spudorate, lacrime e sudore, sopravvivenza. Parte da una magica infanzia newyorkese e, passando per il Vietnam e gli strascichi che quella guerra ha lasciato in me, arriva ai miei quarant’anni e a Platoon. Parla di crescita. Parla di fallimenti, sconforto. Di successi giovanili e arroganza. Parla di droga e dei tempi che abbiamo attraversato dal punto di vista politico e sociale. Parla di fantasia, di un sogno di bambino e del fare di tutto pur di realizzarlo. E ovviamente è costellata di inganni, tradimenti, di farabutti ed eroi, di persone che ti rinfrancano con la loro presenza e di persone che ti distruggono, se solo glielo permetti.
Prima di trasferirsi a Los Angeles e ottenere successo internazionale con Platoon nel 1986, Oliver Stone aveva combattuto in Vietnam, era stato ferito, e successivamente aveva trascorso anni a scrivere sceneggiature mai prodotte, mentre cercava di guadagnarsi da vivere a Manhattan facendo ogni genere di lavoro. Stone, che ora ha 73 anni, racconta quegli anni formativi tra alti e bassi: gli scambi con Al Pacino sulle sceneggiature di Platoon, Nato il 4 luglio e Scarface (nato oltretutto da una rischiosa ricerca sul campo dei cartelli della droga), il terribile demone della cocaina, il fallimento del suo primo lungometraggio The Hand (con Michael Caine), le affannose ricerche di finanziamenti per Salvador, le tensioni dietro le quinte di Fuga di mezzanotte, che gli valse poi l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura, e molto altro.
Oliver Stone in tour in Italia
Oliver Stone sarà il 25 a Pesaro per il Pesaro Film Festival, il 26 a Fano per Passaggi Festival, il 27 alla Rotonda di Senigallia, il 28 alla Villa Vitali di Fermo. Mercoledì 2 settembre, al teatro di Tito Gobbi di Bassano del Grappa, Stone chiuderà la XXI edizione della Milanesiana, ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi. Interviene Silvia Bizio, letture di Toni Servillo, prologo musicale degli Extraliscio. Dal 3 settembre Stone sarà a Venezia per la 77° Mostra del Cinema, dove il 5 riceverà il Kinéo Life Achieving Award.