La tragica, comica e risibile vicenda di Lapo Elkann almeno una cosa ce l’ha insegnata: l’élite finanziaria che governa il mondo e che gestisce univocamente la lotta di classe ai danni delle masse precarizzate e costrette a una condizione neoservile ha dichiarato guerra alla vecchia civiltà borghese. Da questo punto di vista, l’èlite neofeudale è, per sua essenza, postproletaria, postborghese e ultracapitalistica.
Non solo ha messo in congedo il vecchio mondo proletario, centrato sul lavoro e sui diritti sociali, aprendo la strada a un mondo postproletario fatto di diritti civili e parate arcobaleno, che nemmeno sfiorano i reali rapporti di forza del classismo e dell’integralismo economico. Ha, in pari tempo, dichiarato guerra alla vecchia borghesia e alla sua “coscienza infelice” (Hegel), ossia alla sua coscienza critica e talvolta dissidente rispetto al regno prosaico della mercificazione. La borghesia, del resto, aveva una sua sfera di valori non mercificabili e dunque incompatibili col capitalismo assoluto, che tutto trasforma in merce.
Lapo è l’emblema dell’èlite postborghese e postproletaria: in lui si condensa in forma parossistica l’abbandono dei vecchi valori del mondo borghese, ciò che Hegel chiamava “eticità” (famiglia, professione stabile, diritti sociali, senso dello Stato, ecc.). Lapo è postborghese, postproletario e ultracapitalistico: è l’apice dello sradicamento finanziario, giacché permanentemente all’estero (le sue malefatte avvengono puntualmente a Nuova York).
È, poi, l’apoteosi del godimento illimitato, autistico, mortifero e cinico: è il punto di congiuntura tra liberismo e libertinismo, tra illimitatezza del plusvalore individuale e illimitatezza del plusgodimento individuale.
È, ancora, l’apice dell’abbattimento del vecchio istituto borghese della famiglia monogamica centrata sulla differenza sessuale tra uomo e donna e sulla sessualità volta alla procreazione: Lapo è immancabilmente in compagni di transessuali. La vecchia figura del pater familias – cifra del mondo borghese – cede oggi, nel tempo del “padre evaporato” (Lacan), il passo al nuovo modello mediatico permanente del transessuale, che rappresenta l’orizzonte di senso del nuovo capitalismo flessibile e finanziario, che abbatte patrie e padri, madri e lingue-madri. Il transessuale diventa esso stesso l’emblema della sessualità fluida, la prova che nel capitalismo assoluto non esiste una natura e regna sovrana la sola norma della violabilità di ogni inviolabile. Benvenuti nel capitalismo finanziario gestito sovranamente dall’èlite apolide, cinicamente edonistica, sradicata e sradicante, nemica di ogni forma di vita borghese e proletaria.