L’amica geniale 2: la violenza sessuale dal romanzo di Elena Ferrante alla serie TV
La tetralogia letteraria di Elena Ferrante, "L'amica geniale", di cui da ieri Rai Uno sta trasmettendo la seconda stagione, dedicata alla trasposizione televisiva del secondo volume edito da E/O, "Storia del nuovo cognome", mette in scena sin dall'inizio uno dei temi centrali della saga scritta dall'autrice misteriosa, divenuta cult in tutto il mondo. Sin dagli esordi di Elena Ferrante, da "L'amore molesto" in avanti, tutta l'opera dell'autrice senza volto, apprezzata in tutto il mondo, è segnata dal tema della violenza sessuale sulle donne e del tentativo, a volte contraddittorio, a volte tenero e spietato, delle donne di liberarsi della condizione di sottomissione tipica del patriarcato ancora dominante nell'Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, e più avanti.
La violenza sulle donne nell'opera di Elena Ferrante
L'inizio del secondo romanzo "Storia del nuovo cognome" de "L'amica geniale", con la scena della prima notte di nozze in costiera amalfitana tra Stefano Carracci e Lila Cerullo (che ormai è irrimediabilmente sbiadita in cosa di proprietà dei Carracci, da cui il nuovo cognome), raccontato in televisione dallo sguardo del regista Saverio Costanzo, attraverso la penna degli sceneggiatori Francesco Piccolo e Laura Paolucci, oltre gli stessi Ferrante e Costanzo, mostra abbastanza fedelmente nella ricostruzione della scena dello stupro di Lila quanto aveva scritto nel romanzo l'autrice, anche se a tratti se ne distanzia.
Le differenze della violenza di Stefano Carracci tra libro e serie Tv
Il "mostro" Stefano mirabilmente interpretato da Giovanni Amura, che nella trasposizione filmica è colui che stupra il corpo della giovane sposa, in tivù è il fuoco del racconto, è il suo lo sguardo maschile sulla donna, mentre nel racconto a montaggio alternato della Ferrante, in quello stesso capitolo, le parole, le descrizioni e anche i dialoghi, restituiscono un doppio punto di vista, quello di Stefano e di Lila, il desiderante e la desiderata, lo stupratore e la vittima. Quest'ultima, tutta compresa nella sua smarginatura, mette in evidenza la miseria e lo squallore della forza bruta maschile. Non ci commuove, come succede nella serie Tv, insomma, perché dal suo punto di vista alternato a quello di Carracci emerge una dimensione di pudicizia e silenzio, che mette fuorigioco e senza possibilità di empatia alcuna il comportamento sessuale del marito. Meno compassione con Lila e più miseria di Stefano, insomma.
Le similitudini tra Storia del nuovo cognome e L'amica geniale 2
“Poiché lei seguitava ad agitarsi, la schiaffeggiò due volte, prima con il palmo e poi con il dorso, e tale fu la forza che lei capì che se avesse ancora resistito l’avrebbe sicuramente ammazzata”. La racconta così Elena Ferrante in "L'amica geniale – Storia del nuovo cognome". Altra violenza sessuale, nel 1992, la scrittrice senza volto l'aveva raccontato in "L'amore molesto", con parole diverse, che mettevano in gioco anche l'uso del dialetto napoletano come la lingua della violenza e del degrado da abbandonare, da lasciare per una vita altrove. Qui Delia, nel suo ritorno a Napoli, ricorda di essere stata violentata dal vecchio Caserta, amante della mamma Amalia e nel ricordare, scrive la Ferrante: "le oscenità in dialetto… riuscivano a far combaciare nella mia testa suono e senso in modo da materializzare un sesso molesto per il suo realismo aggressivo, gaudente e vischioso".