L’album per banda di Renzo Rubino: “Dopo anni difficili volevo far sapere al mondo che c’ero ancora”
In questi anni Renzo Rubino è stato protagonista più per il suo Festival Porto Rubino che per le uscite discografiche. Il suo ultimo album risale al 2017, con alcuni singoli usciti nel frattempo. Nel frattempo il Covid, alcuni progetti (un'Opera e un disco per bambini) che proprio la pandemia ha interrotto, fino alla voglia di scrivere musica per banda e proprio questa passione, questa voglia di unire una delle tradizioni più importanti della musica tradizionale col pop ha portato alla pubblicazione de Il silenzio fa boom, il nuovo album del cantautore di Martina Franca – da cui sono stati tratti i singoli La Madonna della Ninna Nanna, Bisogna festeggiare, Patchouli e San Donaci – e che riuscendo sempre a pensare e scrivere fuori dagli schemi e dalle mode obbligate, sorprende con un album che unisce il mariachi a Paolo Conte, ma con un'identità fortissima. A questo progetto, poi, Rubino ha aggiunto il suo Festival, che si terrà sempre in Puglia, dal 15 al 21 luglio, portando tanti ospiti a suonare in location naturalistiche e sorprendenti.
Finalmente torna discograficamente Renzo Rubino…
Io sono fiero del lavoro fatto, per come è stato fatto questo disco, per come è stato registrato e sono contento di come è stato accolto, perché è un disco che piace molto a chi lo ascolta. E chi lo ascolta sono persone che comprendono bene il suo luogo di provenienza, che non è soltanto quello fisico, cioè la Puglia, ma il luogo intimo del mio modo di fare musica. Il fisico, ovvero il vinile, sta andando bene, che è la cosa che mi interessava di più assieme al tornare a fare musica, tornare a farla bene e a fare concerti. Quando mi sono dato degli obiettivi per l'album volevo far sapere al mondo che ero tornato e soprattutto continuare a fare concerti dal vivo, quindi il mio obiettivo è stato raggiunto. Ora non posso aspettare sette anni prima del prossimo lavoro, quindi sto lavorando su diversi fronti.
Come nasce la voglia di riscoprire la banda?
Avevo voglia di un sound antico, autentico, che è la parola chiave di questo disco: volevo far musica, ma farlo in maniera sana, non alla ricerca di numeri, strategie, ma con delle persone che vivono la musica per stare insieme, per divertirsi, per passare del tempo e così è con loro. I bandisti, poi, mi fanno penare perché non vivono la musica come un impegno vero, quindi adesso che partirà il tour, a giugno, già mi stanno scrivendo: "Ho la processione", "Quella settimana non ci sono"… che fatica costruire questo tour! Però è anche il loro bello, quindi autenticità, sound antico, verità e voglia di passare del tempo sano insieme, facendo musica ricercata, proprio nella ricerca proprio della nota.
In che modo la banda si è materializzata nella scrittura dell'album e ha influenzato anche le tue scelte musicali e di scrittura?
Quando ho scritto il disco si sono combinate due cose: da un lato l'aspetto emotivo che mi portava un'esigenza comunicativa, perché stavo vivendo certe cose e dovevo scriverle, dall'altro sapevo già che volevo fare un disco per banda, quindi mentre scrivevo le canzoni avevano già il sound bandistico, provenivano un po' dagli ascolti mariachi che avevo fatto ultimamente, benché nei miei ascolti non ci fossero solo loro, c'era anche Woodkid, per dirti. C'era la volontà di fare un disco con i fiati, con la banda, ma non totalmente tradizionale, che pescasse dal passato per poter poi essere attuale nella scrittura.
Infatti spazi molto dal pop classico ai mariachi, passando per Paolo Conte, se proprio vogliamo dare dei riferimenti: volevi riuscire a unire l'idea bandistica al pop?
Possiamo dire che l'idea era quella di rendere questa idea bandistica fruibile per tutti. Anche se, alla fine, la musica per banda è una musica per tutti, nasce come la cosa più pop del mondo, almeno qui al Sud.
Il tuo ritorno a Martina Franca ha inciso su questa volontà?
Sì, devo dire che sono troppo influenzato da questo posto, infatti credo che sia arrivato il momento, per quanto ami la mia terra, di prendermi una vacanza-lavoro per esplorare nuove cose. Sto già prospettando l'idea di farmi un viaggio lungo, di un paio di mesi all'estero, per avere anche nuove energie.
Cosa è successo in questi anni?
Covid, insuccessi, cose che dovevano uscire ma non sono più uscite, dischi che non sono più usciti perché non era più il momento giusto, e poi ero alla ricerca della ristrutturazione della squadra di lavoro, non sapevo da che parte andare. Ero anche un po' disorientato: volevo fare l'Opera, poi non è stato possibile farla, in seguito il disco per bambini, insomma una serie di cose che purtroppo non hanno visto la luce per tutta una serie di motivi, ma che ci sono, esistono. La prima cosa che dovrò fare, quindi, è ripartire dal passato, da quello che già c'è, perché ho due progetti importanti che devo tirar fuori, sistemare e produrre. Nel frattempo, però, inaspettatamente, poco tempo dopo l'uscita del disco ho già messo mano a delle canzoni, a cose nuove, diverse, sentivo che c'era uno spunto diverso nella scrittura, rispetto al passato: vorrei indagare queste cose, questa nuova modalità di canzoni, queste cose che sto scrivendo e vorrei prendermi il tempo per farlo. Per rispetto del lavoro passato, però, devo prima dare spazio alle cose vecchie, che non sono uscite.
Sei tornato con un album non cool per quelli che sono i parametri di oggi, come si decide di prendere una decisione che definirei coraggiosa?
Non voglio fare lo snob, anche se forse un po' lo sono, ma credo che si possa anche snobbare tutto quello che c'è attorno a noi a favore di un mio pensiero. Per me, andare fuori dagli schemi e perseguire quello che si sente è più cool di ciò che può essere catalogato come musica cool attuale, quindi andare fuori dalle regole è la cosa più divertente che esiste, certo, è quella che può farti più male, ma pure quella che ti può portare degli spunti.
Per quanto riguarda i prossimi concerti, i pezzi vecchi li stai riarrangiando per banda?
Certo, ovviamente non tutti, sarà suonato principalmente questo disco, con alcune delle cose mie più conosciute del passato, quei quattro o cinque pezzi tipo Il postino, Ora, Pop che sono riarrangiati per banda.
Un bel lavorone, no?
Sì, però alla fine è la cosa che mi piace. Paradossalmente mi mette più ansia Porto Rubino.
Porto Rubino che, credo, sia stata una delle più grandi rivoluzioni della tua vita recente, no?
Madonna! Però questo festival mi ha dato tanto perché mi ha permesso di continuare a fare il mio lavoro, mi ha permesso di scoprire nuove cose del mondo dell'arte, di avere rapporti più vicini e conoscere tanti artisti, di conoscere nuove persone nel mondo della musica o comunque di conoscerle meglio, insomma, gli devo tanto. Però quest'anno arrivava in un momento in cui ero in uscita col disco e avevo difficoltà a organizzare tutte e due le cose, a trovare la strada. Anche perché, dopo aver fatto il massimo e fatto venire tutti, ti chiedi: "Come faccio ad alzare l'asticella?".
Come fai?
Io l'ho fatto ricominciando daccapo e trovando una nuova strada, intitolando le date e catalogandole: quindi ci sarà la serata dei Poeti, a Vieste, che è quella dei cantautori, con artisti come Colapesce e Dimartino, Mannarino, Riccoardo Sinigallia, Joe Barbieri… La serata dei pirati, quindi gli artisti che sono fuori dagli schemi come Morgan, Piero Pelù e Nada, però mi ci ritrovo anch'io quindi mi ci sono inserito, la serata delle Sirene, tutte donne, o comunque la serata della femminilità con Arisa, Ditonellapiaga Bluem, Drusilla Foer e poi c'è la Rosa dei Venti, che per me è la serata dei nuovi venti della musica italiana. Sarà una serata della nuova generazione che parte però da uno spunto del passato, è una sorta di passaggio di testimone e come passaggio di testimone ho scelto Malika Ayane, ma poi sono tutti artisti della nuova generazione come Popa, Studio Murena, Marco Castello, Mace, Maria Antonietta e Colombre, Lucio Corsi, quindi è una serata super di nuova generazione, la serata dei ragazzi: se avessi 10 anni di meno e mi approcciassi alla musica ascolterei quella musica lì.
Hai trasformato Porto Rubino, quindi, e oggi come è accolto? Come continua a crescere?
Si correva un rischio di trasformarlo in un Festivalbar del mare e non è così perché Porto Rubino è un festival sofisticato in cui non è importante chi viene come artista ma il contesto, lo spettacolo, la luna, le luci basse, il mare, le bellezze della Puglia, e tutto quello che succede nel porto, la sostenibilità. La musica ha un ruolo importante, ma Porto Rubino è un festival sofisticato ed è soprattutto il mio festival, quindi quest'anno mi assomiglia moltissimo, anche musicalmente. Credo che il festival si debba differenziare dal punto di vista della ricerca: non è solo che saliamo tutti sulla barca e facciamo casino, no! È la ricerca. Come faccio nelle mie canzoni, così durante il festival ricerco nuovi ascolti, nuovi artisti, il tipo di musica che può essere giusta per il contesto, il titolo della serata, come costruire la serata: nella serata dei poeti, per esempio, ci saranno veri e propri poeti che non abbiamo ancora annunciato, in quella dei pirati ci saranno delle sorprese legate al mondo dei pirati: insomma, andiamo a costruire uno spettacolo, vero e proprio, su ogni concerto in cui la musica è la protagonista ma dovevamo andare avanti sennò lo fai e basta, invece non è così, io voglio divertirmi quando faccio le cose e ho trovato il modo per divertirmi, anche quest'anno.