Non si è arrabbiato, ma quasi. O almeno. Non lo ha dato a vedere, perché lo stile è stile. A chi gli ha chiesto un parere su come vedesse la situazione del Coronavirus in Italia, Piero Angela ha risposto con poche e secche parole: “Serve l’esercito in strada che chieda il rispetto delle distanze e intimi ai cittadini di indossare la mascherina”. L'occasione è stata data al più noto divulgatore scientifico italiano, uno dei personaggi pubblici più amati nel nostro Paese, dalla presentazione della nuova serie di Superquark + su Rai Play. E ai negazionisti del virus non la manda a dire: “Sono vittime della mala informazione. Alcuni sono recuperabili, altri no”. Se la voce non tradiva una ira cieca, i suoi occhi mostravano lo sdegno.
Insomma, sembra aver voluto dire il solitamente pacato uomo di scienza, davanti a tanta stupidità e mancata resipiscenza, è il caso di arrabbiarsi. Una rabbia calma, una rabbia forte, la sana arrabbiatura di chi sa di aver ragione ed è in possesso, nonostante l'avanzata età, dei lumi giusti per contrastare l'idiozia imperante.
Altro che il primo dei sette vizi capitali, l'ira di Angela (se proprio vogliamo chiamarla così) è esattamente ciò che insegnava il filosofo greco Aristotele nella sua Etica a Nicomaco, al punto tale che se la rabbia cieca e furibonda è un vizio pericoloso e persino deleterio, lo sdegno contro l'ingiustizia, la violenza e il male può essere invece una virtù. Una virtù praticata dai profeti e dallo stesso Gesù Cristo nel Vangelo: si provi a leggere, da un lato, i sei "guai!" di Isaia e i sette "guai!" di Gesù. "Serpenti, razza di vipere" non è solo un urlo del Battista ma è anche una frase ripresa da Cristo nella sua denuncia dell'ipocrisia di scribi e farisei.
La virtù di Piero, eccola. Usata al momento opportuno con un tono pacato ma fermo, adirarsi per affermare come ha fatto ieri, l'unica possibilità che abbiamo – la scienza – per uscire fuori dalle secche della pandemia.