È accaduto a Ventimiglia. Un’ordinanza firmata dal primo cittadino, afferente al Partito Democratico, dispone il divieto di distribuire cibo ai migranti sul territorio comunale. In poche parole, se il singolo cittadino vuole, per sua libera iniziativa, dare da mangiare ai migranti non può farlo. Nemmeno ai cani randagi, probabilmente, è riservato un trattamento così “umano” e “dignitoso”. Non vi sono parole. È uno di quei casi in cui la dignità umana è offesa e ci si vergogna di appartenere alla razza umana.
Abbandoniamo per un attimo le miserie del presente e volgiamo il nostro sguardo agli spiriti magni del passato. Hegel ci rammenta che possono addirittura darsi concrete circostanze in cui “il diritto di proprietà può e deve essere violato”. È questo, ad esempio, il caso di chi sta morendo di fame: egli ha il diritto di rubare, “ha diritto a tale azione illegale”. Più precisamente, in questo caso non è, a rigore, neppure violazione del diritto, ma affermazione di un diritto superiore, quello alla vita. Così scrive Hegel:
L’uomo che muore di fame ha il diritto assoluto di violare la proprietà di un altro; egli viola la proprietà di un altro solo in un contenuto limitato. Nel diritto del bisogno estremo (Notrecht) è inteso che non violi il diritto dell’altro in quanto diritto: l’interesse si rivolge solo a questo pezzettino di pane; egli non tratta l’altro come persona priva di diritti.
Il rovesciamento rispetto alla tradizione liberale e alla sua deriva neoliberistica risulta lampante. Se per Locke e per gli odierni alfieri della teologia del mercato è violenza e violazione del diritto la messa in discussione della proprietà privata, per Hegel, viceversa, è violenza e violazione del diritto assolutizzarla a detrimento della comunità politica e della solidarietà la difesa dell’interesse privatistico a nocumento di quello comunitario. Non so se chi ha fatto quelle scelte politiche a Ventimiglia abbia letto Hegel. Gli consiglio di farlo.