È passata un po' in sordina la notizia del blitz a Palermo, dopo la denuncia dei commercianti del Borgo nel capoluogo siciliano. Positiva, innanzitutto, per la resistenza e "resilienza" (nome dell'operazione delle forze dell'ordine) dimostrata dai commercianti palermitani che si sono opposti al racket di Cosa Nostra. E anche per un altro aspetto. In una delle intercettazioni salite alla ribalta della cronaca, infatti, c'è quella frase che Jari Ingarao, uno degli indagati, rivolge a Niko Pandetta, cantante neomelodico, a cui un giudice aveva imposto il divieto di esibirsi: "Fatti un tatuaggio con Falcone e Borsellino e risolvi i problemi". Cosa ci dice questa frase che fa così impressione?
Ci dice che la mafia non ha paura di incidersi la pelle con i simboli dell'antimafia. Che è capace di usare quegli stessi simboli per "fingere" di negare se stessa, per dissimulare, travestirsi, nascondersi come un fantasma tra noi e tirare avanti. Cosa Nostra è un camaleonte, non dimentichiamolo mai. È capace di intuire dove tira il vento, è capace di seguire le mode, fino ad arrivare a usare il marketing dell'antimafia per continuare a perpetuare se stessa, in nome della sua sopravvivenza, l'unica cosa che conta.
Questa mafia che non teme di disdegnare se stessa e di omaggiare i simboli dei suoi nemici più acerrimi – e di farlo persino in pubblico, se serve – bisogna imparare a conoscerla e a fronteggiarla. I tempi che stiamo vivendo, con una pandemia che promette crisi sociale ed economica senza precedenti, ci obbligano ad affilare sempre nuovi strumenti di conoscenza e studio per riuscire a intuire come si sta evolvendo il fenomeno mafioso. La dissimulazione è segno di disperazione, ma anche di capacità di fare la muta e cambiar pelle. Per nascondersi tra noi e continuare a vivere.