La stella cometa è da sempre simbolo dell’Epifania: ma fu Giotto a dipingerla per la prima volta
Si avvicina anche il giorno dell’Epifania, che nella tradizione cristiana ricorda, come il corrispettivo greco del termine, la “manifestazione divina” attraverso la nascita di Gesù: nell'immaginario sacro e artistico quest’evento è collegato anche all'arrivo dei tre re Magi alla capanna dove il Bambino è venuto alla luce. Nella lunga tradizione iconografica legata alla narrazione contenuta nel Vangelo di Matteo, la venuta dei re dall'Oriente è possibile grazie alla comparsa di una stella cometa che guida nel cammino verso la scoperta del divino fatto uomo: ma, in realtà, l’immagine della stella cometa non nasce col Vangelo, bensì con Giotto. Fu lui a dipingerla per la prima volta.
La presenza di una stella è attestata fin dall'Antico Testamento, nelle profezie di Balaam, quale simbolo della venuta del Messia: ma in nessun testo è citata la “cometa” con la sua lunga coda di luce, e nemmeno nelle più antiche raffigurazioni in nostro possesso dell’Adorazione l’astro appare come siamo abituati a pensarlo. L’esegesi antica riconosceva nella stella il simbolo di un angelo, manifestazione visibile dell’annuncio divino, e prima del XIV secolo in nessun affresco o dipinto dedicato alla Natività o alla venuta dei Magi compariva la nostra tanto amata stella cometa.
Giotto e la stella cometa: l’Adorazione dei Magi
Fu Giotto ad inserirla per la prima volta, con la sua scia luminosa e il suo colore vivido, in una scena dedicata all'Adorazione: più precisamente nell'Adorazione dei Magi della Cappella degli Scrovegni, a Padova. Nel dipingere questo affresco, inserito nel più ampio ciclo delle Storie di Gesù, Giotto fu estremamente rivoluzionario, abbandonando le tradizioni medievali e il simbolismo astrologico vigente e trasformando la sua personale interpretazione della scena in un modello per numerosi artisti che verranno.
L’artista inserì la cometa nella sua rappresentazione con un chiaro intento simbolico, dipingendola in alto e di dimensioni decisamente più grandi di quelle che imponeva la tradizione iconografica dell’epoca, con una capacità di raffigurazione quasi “naturalistica”: una capacità che poteva essere propria solo di qualcuno che aveva avuto modo di ammirare, dal vivo, lo spettacolo magnifico del passaggio di una cometa. Al di là dell’innovazione narrativa e stilistica infatti, negli ultimi trent’anni l’Adorazione dei Magi di Giotto ha costituito un rebus per tantissimi storici dell’arte e per un’altra ragione: secondo alcuni l’artista avrebbe dipinto niente di meno che la cometa di Halley.
La cometa di Halley?
È stata la storica dell’arte Roberta Olson ad avanzare per prima la curiosa e affascinante ipotesi che, in realtà, lungi dall’essere un mero vezzo artistico, la cometa dipinta da Giotto sia la quella di Halley. Secondo la Olson e altri studiosi Giotto avrebbe in effetti avuto la possibilità di vederla dal vivo, nel suo passaggio del 1301, restandone talmente impressionato da decidere di immortalarla, contro ogni convenzione, nella sua personale interpretazione delle Storie di Gesù.
Questa ipotesi rintraccia nel dipinto un’intenzione quasi “naturalistica”, che molti altri studiosi hanno sempre rifiutato: secondo alcuni Giotto avrebbe raffigurato la stella troppo grande, con colori innaturali e, fra l’altro, con un numero di punte estremamente significativo (si contano 24 raggi e 12 linee dorate), proprio per sottolineare la forte carica simbolica dell’annuncio della manifestazione divina. L’idea della Olson non è mai stata accettata del tutto, ma resta comunque affascinante e non sminuisce il primato raggiunto da Giotto: il primo artista a dipingere la celeberrima stella cometa.