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La società liquida (o dell’assenza di terraferma)

L’immagine della “società liquida” è ormai utilizzata nei contesti più disparati ed è diventata un luogo comune. La metafora della liquidità risulta, in effetti, molto efficace per spiegare le dinamiche del mercato transnazionale e della precarizzazione planetaria. Entrambe, per definizione, marittime.
A cura di Diego Fusaro
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Grazie a Zygmunt Bauman l’immagine della “società liquida” è divenuta canonica. A tal punto da essere utilizzata nei contesti più disparati, ponendosi talvolta come un luogo comune. La metafora della liquidità risulta, in effetti, particolarmente efficace per sottolineare l’essenza dell’accumulazione flessibile e della società dello scorrimento fluido dei capitali finanziari in assenza di barriere e di confini, “sciolti” e rimossi insieme a ogni istanza “solida” e stabile della precedente struttura dialettica e fordista, proletaria e borghese.

Tra le prerogative dell’acqua, figura anche quell’onnipervasività e quella capacità di introdursi e invadere ogni spazio, di travolgere ogni barriera e di erodere anche le rocce più solide. Esse corrispondono perfettamente alle prerogative della flessibilità universale propria del mondo post-1989. Quest’ultima, avendo saturato ogni spazio reale e immaginario, effettivamente "est aujourd’hui partout" secondo la formula usata da Pierre Bourdieu.

Se si volesse impiegare la coppia geofilosofica di terra e mare codificata da Carl Schmitt (cfr. Terra e mare, 1942), si potrebbe ragionevolmente sostenere che la dinamica del mercato transnazionale e della precarizzazione planetaria è, per definizione, marittima. Essa si sviluppa in un mondo liscio, senza frontiere né punti fermi, senza alto né basso. Disegna una realtà in cui tutto ciò che è leggero galleggia in superficie e ciò che ha un peso sprofonda negli abissi.

La distesa marina, proprio come il mercato finanziario della flessibilità planetaria, conosce solo onde, flussi e riflussi, tempeste improvvise e sconvolgimenti inattesi. Il mare assurge, pertanto, a metafora assoluta della produzione flessibile, non solo per la liquidità che la caratterizza, ma anche per via del convergente processo di deterritorializzazione che contraddistingue il tempo dello sradicamento planetario posto in essere dalla distesa del mercato globalizzato: il mare è perennemente instabile, nel suo divenire incessante, e, insieme, impedisce ogni stabilizzazione. Costringe chi in esso si avventuri al dinamismo perpetuo della navigazione e dello spostamento. Lo priva di punti fissi e stabili.

Proprio come il navigante, a distanza inaudita dalla terraferma e in balia delle procelle, l’uomo precario naviga a vista, tra derive e naufragi sia lavorativi, sia esistenziali in quello che, con Guicciardini, potremmo a ragion veduta connotare come “un mare concitato da’ venti”. Il suo tragitto è insicuro e accidentato, poiché la sua rotta varia di continuo, tra tempeste imprevedibili e secche inattese, dovute alle crisi finanziarie o alle delocalizzazioni improvvise, alle ristrutturazioni e alle razionalizzazioni d’impresa.

Benvenuti nella società liquida globale.

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Sono nato a Torino nel 1983 e insegno Storia della filosofia in Università. Mi considero allievo indipendente di Hegel e di Marx. Intellettuale dissidente e non allineato, sono al di là di destra e sinistra, convinto che occorra continuare nella lotta politica e culturale che fu di Marx e di Gramsci, in nome dell’emancipazione umana e dei diritti sociali. Resto convinto che, in ogni ambito, la via regia consista nel pensare con la propria testa, senza curarsi dell’opinione pubblica e del coro virtuoso del politicamente corretto.
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