video suggerito
video suggerito

La situazione drammatica delle biblioteche napoletane: il caso emblematico della BRAU

La Biblioteca BRAU, a Napoli, è il paradigma delle difficoltà in cui versano le strutture universitarie partenopee e un caso che illustra gli effetti negativi delle recenti politiche sull’università e la ricerca.
A cura di Luca Marangolo
95 CONDIVISIONI
brau-300x225 2

BRAU è l’acronimo per “Biblioteca di Ricerca di Area Umanistica”.  È una struttura bellissima che sorge nel centro di Napoli ed ospita circa 300.000 volumi, ovvero uno dei  migliori patrimoni librari della città, per quel che concerne gli studi umanistici.

È aperta dal 2009 con lo scopo di “offrire risorse per l’attività scientifica e di ricerca di docenti, ricercatori e studenti”. Ora, chi è lontano dalla vita quotidiana all’interno di istituzioni come l’Università forse non  può comprendere a pieno quale sia la funzione di una biblioteca di ricerca. Volendo fare un parallelo, si potrebbe dire che ha lo stesso valore di un ufficio per chi svolge la libera professione: non un lusso, ma uno strumento di lavoro. Come mai? Perché le categorie professionali che si trovano a dover studiare per lavoro, così come coloro che stanno portando a termine un percorso di formazione universitario, hanno costantemente bisogno di consultare volumi: acquistarli sarebbe insensato  e molto difficile, perché spesso – assai più spesso di quanto si pensi – i ricercatori si trovano a dover cercare libri fuori commercio, talora antichi, opere che hanno l’utilità di farli proseguire nel percorso del loro pensiero e che magari potrebbero, come è a volte accaduto, tornare di bruciante attualità nel dibattito scentifico esattamente grazie al lavoro di ricerca.

Tuttavia, la BRAU, nonostante nasca con l’esplicito intento di favorire lo studio di ricercatori e studenti di lettere, è frequentata da tantissimi studenti, di ogni facoltà: di giurisprudenza, di  fisica, di lingue, di sociologia, di medicina. Nonostante la sua vocazione ‘specialistica’ la BRAU è un punto di riferimento per tutti coloro che devono preparare esami, tesi di laurea o di dottorato. Perché questo successo, fra gli studenti? Basta guardarsi intorno: la situazione delle biblioteche napoletane è a dir poco drammatica. La Biblioteca Nazionale,  che si trova a Palazzo Reale, ha un patrimonio librario ingente ma vetusto e poco in grado di competere con strutture omologhe  come la Nazionale di Roma o di Firenze, ma soprattutto è una biblioteca sommersa da una mole di burocrazia senza paragoni: solamente per poter entrare e chiedere un prestito bisogna dotarsi di ben cinque documenti: una carta d’entrata, una scheda di consultazione, ben due permessi per il prestito e un tesserino (immancabilmente cartaceo)  di prestito. Una selva di carte. La sua sezione distaccata, la “Brancaccio”, è chiusa da tempo immemore. Le biblioteche dei singoli dipartimenti obbediscono ad orari e logiche particolari e sono poco utilizzate. Questo per tacere dell’atrocità compiuta verso la Biblioteca dell’Istituto degli studi filosofici, un’istituzione napoletana di prestigio immenso, chiusa perché non ci sono i soldi per pagare l’affitto, con il suo patrocinatore, l’avvocato Marotta,  costretto a portare volumi antichi – taluni di valore inestimabile – in un capannone a Casoria, in provincia di Napoli, ad impolverare, se non a danneggiarsi irreparabilmente.

Ecco perché la BRAU, nel progressivo desertificarsi degli spazi di studio, s’è presto rivelata una specie di oasi, un posto su cui investire, dotato di spazi eccellenti e soprattutto di uno scaffale aperto, che permette cioé la consultazione di riviste e volumi in relativa libertà e praticità con l’aiuto del personale. Purtroppo, la situazione non era destinata a durare. Intanto, anche il patrimonio librario della BRAU non è aggiornato dal 2003. Ma soprattutto la BRAU è vittima della spending review che si deve al precedente governo Berlusconi. L’orario di chiusura era già stato ridotto  portandolo dalle 19 alle 17,30 ma, meramente, a causa del pensionamenti di uno dei suoi (pochi) dipendenti, l’orario di accoglienza degli studenti e dei  ricercatori universitari è stato ulteriormente ridotto, per quasi la maggior parte dei giorni feriali, di tre ore: dalle 9,00 alle 14,00. Ora, chiunque sia uno studente che segue corsi, o un ricercatore che li tiene, sa che questi durano, spesso, esattamente dalle 9,00 alle 14,00.

È stata questa la scintilla che ha fatto nascere un sentimento di ribellione forte negli studenti che usufruiscono della BRAU. È per questo che un gruppo di essi si è organizzato e  ha dichiarato lo stato di “agitazione”, per poi comunicare di seguito lo stato di emergenza. Si tratta di un drappello di pochi, che man mano, nei giorni, si è andato nutrendo di quanti si sono resi conto che avevano l’opportunità di studiare fino al tardo pomeriggio solo per iniziativa degli studenti che, come documenta il nostro giornale dal principio di questa vicenda, hanno imposto l’apertura forzata di alcuni locali della biblioteca fino alle 19,00, orario del resto normale per qualsiasi grande biblioteca.

Non che la BRAU in sé sia in rosso, dato che si potrebbe addurre come causa di questa crisi del diritto allo studio la crisi economica. Tuttavia, la cosa è più complessa. Il problema è legislativo: secondo la legge Gelmini, non è possibile assumere un dipendente di strutture pubbliche come la BRAU prima del pensionamento di altri cinque dipendenti della stessa struttura. Ne consegue che il calo di personale forzato ha dunque causato l’impossibilità della turnazione dei dipendenti e della gestione di uno spazio veramente vasto e che richiede cure specializzate.

Gli studenti hanno intavolato una trattativa con il rettore, cercando di trovare una soluzione che possa garantire un uso della biblioteca adeguato a standard di ricerca minimi. Ma lo spazio di manovra non è molto: le istituzioni sembrano protestare la responsabilità di volta in volta di fenomeni più grandi, fino a rendere ogni istanza anche banale, semplice, quotidiana, come l’uso di una biblioteca, quasi irragionevole.

Ciò che va compreso è che il caso BRAU è solo un'avvisaglia di quel che potranno essere gli effetti della politica per le Università ed in generale per le strutture pubbliche in Italia: sono gli effetti di una concezione dei beni pubblici miope, che potrà facilmente volgersi contro le istituzioni che la hanno praticata e che rischia di mostrare in modo sempre più tangibile il suo effetto distruttivo.

95 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views