La scrittrice Margaret Atwood critica il movimento #MeToo: “Ricorda le purghe di Stalin”
Margaret Atwood, una delle più importanti scrittrici al mondo, di sicuro insieme ad Alice Munro la più importante in Canada, finisce nell'occhio del ciclone per aver criticato (o quantomeno problematizzato) il movimento #MeToo nato dopo lo scoppio della "bolla maschilista" nel mondo anglossassone. L'autrice canadese di molte poesie, libri e romanzi tra cui "Il racconto dell’ancella" da cui è stata tratta la serie TV The Handmaid’s Tale, ha scritto una lettera aperta sul quotidiano canadese The Globe and the Mail in cui parla di bad femminist, catalogando se stessa tra le seconde, ed esprimendo una certa preoccupazione per il movimento #MeToo:
È il sintomo di un sistema legale che non funziona. Troppo frequentemente le donne ed altre vittime di abusi sessuali non riuscivano ad ottenere attenzione da parte delle istituzioni – inclusi i sistemi aziendali – quindi hanno usato un nuovo mezzo: internet. Le stelle sono cadute dal cielo. Ha avuto un grande impatto, ed è servito come sveglia per tutto il mondo. Ma poi?
Tanto è bastato per trasformare una paladina del femminismo in oggetto di feroci critiche su internet e sui social, ma non solo. L'autrice de "L'altra Grace", una delle opere in cui racconta il ruolo subalterno delle donne della nostra società, è sotto attacco per le sue posizioni sul movimento #MeToo e per il suo editoriale. Nel pezzo pubblicato dal quotidiano canadese l’autrice ha spiegato il motivo per cui l’anno scorso ha firmato una petizione in cui si chiede un giusto processo per un professore della University of British Columbia accusato di molestie sessuali, azione che le è valsa pubblica stigmatizzazione. È per questo che la Atwood apre la lettera chiedendo se forse lei, al contrario delle persone che si sentono in diritto di accusarla per questa scelta, sia una cattiva femminista:
Nessuno è perfetto, noi donne non siamo angeli infallibili (altrimenti a cosa servirebbe la legge?), né siamo bambine (altrimenti saremmo di nuovo nell’Ottocento), allora perché tanta rabbia contro qualcuno che sostiene la causa di un uomo giudicato colpevole senza processo dal datore di lavoro, dunque ostracizzato, prima ancora che un giudice pronunciasse il verdetto (un giudice donna, che ha assolto il professore).