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La ragazza con l’orecchino di perla: a Bologna tra euforia e polemiche

Apre oggi la mostra che porta per la prima volta in Italia il capolavoro di Vermeer e altri dipinti olandesi. A Palazzo Fava di Bologna, fino al 25 maggio, si prevede un boom di visitatori, ma c’è pure chi bolla l’evento come una facile operazione commerciale.
A cura di Gabriella Valente
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Ha portato scompiglio già prima di giungere in Italia, tanto era l’entusiasmo per l’arrivo di questa star. Una città, anzi un intero paese in trepidante attesa alla notizia che La ragazza con l’orecchino di perla sarebbe stata esposta a Bologna.

Rembrandt van Rijn, Ritratto di uomo anziano, 1667, olio su tela © L’Aia, Gabinetto reale di pitture Mauritshuis
Rembrandt van Rijn, Ritratto di uomo anziano, 1667, olio su tela © L’Aia, Gabinetto reale di pitture Mauritshuis

Oggi l’attesa è finita perché la mostra è iniziata. A Palazzo Fava si è aperta l’esposizione dal lungo titolo: La ragazza con l'orecchino di perla. Il mito della Golden Age. Da Vermeer a Rembrandt. Capolavori dal Mauritshuis. La sede espositiva bolognese, dopo una settimana di visite esclusive ed eventi riservati, spalanca le porte al pubblico o, più precisamente, ai previdenti che da mesi hanno già prenotato l’ingresso e ai fortunati che al desk troveranno ancora qualche biglietto disponibile. Proprio così, perché con le prenotazioni aperte da 3 mesi, i biglietti sono andati a ruba e, avendo il Palazzo una capienza limitata, le richieste saranno di certo superiori alla disponibilità, per cui non è neppure detto che chi arrivi a Bologna senza aver prenotato il biglietto, riesca, magari dopo una lunga coda, ad accedere alla mostra.

Insomma, questa ragazza col turbante quasi non si concede agli sguardi se non previo appuntamento, fino al 25 maggio. Attorno a lei è stata costruita un’intera esposizione che presenta in tutto 37 dipinti del Secolo d’Oro, quel Seicento olandese che vide in attività pittori come Rembrandt, Frans Hals, Claesz, de Hooch ed altri maestri, ora a Bologna con ritratti, paesaggi, interni di genere e nature morte. Si tratta di opere provenienti dal museo Mauritshuis de L’Aia, che, chiuso per lavori di restauro e ampliamento, negli ultimi mesi ha mandato in tournée mondiale alcuni dipinti della propria collezione, la cui protagonista indiscussa, la star del tour che fa impazzire le folle, è lei, La ragazza con l’orecchino di perla.

Jan Vermeer dipinse questo quadro nel 1665 circa, di certo ignaro del fatto che quella figura per la sua bellezza sarebbe diventata un’icona pop e, insieme alla Gioconda di Leonardo e l’Urlo di Munch, una delle tre opere d’arte più note e riprodotte al mondo. Da secoli incanta il pubblico quella ragazza che, quasi sfuggente e quasi per caso, volge il suo sguardo verso il pittore, verso di noi. Con pennellate morbide e dall’effetto bagnato, il ritratto emerge luminoso dallo sfondo scuro e con il suo fascino abbaglia: è la luce che accarezza le superfici, che crea ombre profonde laddove non arriva, che si riflette, protagonista anche lei, nel grande orecchino di perla.

Locandina del film "La ragazza con l'orecchino di perla" di Peter Webber, 2003, con Scarlett Johansson e Colin Firth
Locandina del film "La ragazza con l'orecchino di perla" di Peter Webber, 2003, con Scarlett Johansson e Colin Firth

Mai esposto prima d’ora in Italia, il dipinto di Vermeer fa della mostra bolognese un evento storico. A promuovere questo evento è stato Marco Goldin che cura l’esposizione insieme a studiosi olandesi. Noto per le sue “grandi mostre” dai grandi nomi e dai grandi numeri, Goldin è spesso oggetto di critiche, perché, come dire, gli piace vincere facile: la sua attività curatoriale è in effetti priva di un progetto scientifico e culturale e orientata più che altro a proporre nomi noti che attraggano le folle, il tutto accompagnato dall’irrinunciabile bombardamento mediatico. Ottime operazioni di marketing insomma, che abbassano l’arte a mero prodotto commerciale, non dicono nulla di nuovo e alimentano una pseudo-cultura.

Anche per la mostra bolognese non sono mancate le polemiche: Philippe Daverio ha giustamente obiettato che i milioni di euro spesi per questa mostra costosissima potevano essere meglio investiti, per esempio, per i danni dei cataclismi che hanno colpito l’Emilia. Le critiche più provocatorie sono giunte invece da Vittorio Sgarbi, che prima in un articolo e poi in tv ha stroncato questa mostra esterofila: fuori a Palazzo Fava ci sarà “una coda stolida di persone che vanno a vedere quello che già conoscono”, ha detto. Senza ovviamente svilire la grandezza della Ragazza con l’orecchino di perla, “immagine formidabile di seduzione” ma unica esca per i visitatori, Sgarbi spiega che si tratta di “un quadro tanto intenso quanto inutile la cui percezione è già dentro di noi”; “Non percepisci la sua natura materiale, ma l’immagine di lei che hai già dentro di te”, sostiene, arrivando provocatoriamente a dire che, in casi di icone come questa, contemplare il dipinto originale o vederne una riproduzione è la stessa cosa. “Non abbiamo bisogno di lei”, continua il critico, “portare lei è un tradimento”: un tradimento verso tutta l’arte che c’è a Bologna, che nessuno conosce e nessun altro si occupa di far conoscere.

Pieter Claesz, Natura morta con candela accesa, 1627, olio su tavola © L’Aia, Gabinetto reale di pitture Mauritshuis
Pieter Claesz, Natura morta con candela accesa, 1627, olio su tavola © L’Aia, Gabinetto reale di pitture Mauritshuis

Ora, pur convenendo sul fatto che la frenesia nata intorno a questa mostra è eccessiva e che quella di Goldin è un’operazione commerciale oltre che (o prima che? o invece che?) culturale, affermare che sia inutile vedere il quadro originale di Vermeer è un po’ folle. Sì, l’immagine della Ragazza con l’orecchino di perla è acquisita nell’immaginario comune e, come capita spesso con le opere più gettonate e riprodotte, è ferma nell’idea di lei che ognuno già possiede e ha perso intensità a furia di essere vista e rivista. Allora, per l’appunto, solo una visione dal vivo potrà rinnovare la nostra percezione, svelare il perché di quell’incanto secolare e ridare al dipinto l’aura e la magia che gli sono proprie.

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