video suggerito
video suggerito

La Maison Metropole di Jean Prouvé per la prima volta sulla pista del Lingotto

I mobili e le architetture del designer francese Jean Prouvé, provenienti dalla collezione privata di Laurence e Patrick Seguin, sono l’oggetto della mostra ‘Una passione per Jean Prouvé’ alla Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino.
A cura di Clara Salzano
80 CONDIVISIONI
Pinacoteca-Giovanni-e-Marella-Agnelli-outdoor-view-high-res
LPSeguin 001-279 zampo01 x giornalisti.indd

Jean Prouvé (1901-1984) è stato un pioniere del Ventesimo secolo nell’ideazione innovativa di mobili e architetture. Ha esplorato tutte le risorse tecniche allora disponibili per la lavorazione del metallo e oggi è considerato uno dei massimi esponenti del design del ‘900. I collezionisti Laurence e Patrick Seguin presentano per la prima volta in Italia alcune opere dalla loro collezione privata: una quarantina di pezzi, la maggior parte prototipi o esemplari molto rari. «Questi progetti pongono interrogativi sociali, politici, economici. Raccontano su diversi piani la storia della Francia nel ‘900, passando anche per la guerra, il dopoguerra e la ricostruzione», spiega il collezionista e gallerista Seguin.

JP-Chaise-CB22-alu-démontée

Prouvé ha sviluppato una filosofia costruttiva basata sulla funzionalità e sulla razionalità nella fabbricazione. L’estetica che ne conseguiva, scevra da ogni artificio, si sposava perfettamente con la dottrina dell’Union des Artistes Modernes (UAM), di cui e stato, insieme a Le Corbusier, Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand, uno dei membri fondatori. Ma Jean Prouvé si è distinto dai designer a lui contemporanei attraverso la sua specificità di costruttore, differenza rivendicata da chi come lui si qualifica quale «uomo di fabbrica», definendo così l’originalità della sua pratica creativa.

Alla fine degli anni Venti, produce simultaneamente le sue prime componenti di architettura e di mobili, che si smarcano immediatamente dal mobilio modernista emergente. Da quel momento tutti i modelli che andrà creando, fra il 1930 e il 1955, obbediranno immancabilmente agli stessi principi, grazie alla perfetta padronanza della materia: « Fu la lamiera d’acciaio ad ispirarmi.». Per Jean Prouvé i mobili devono innanzitutto rispondere alla loro finalità, con criteri imprescindibili di confort e solidità. Gli stessi principi basati sulla logica della fabbricazione e della funzionalità applicati ai mobili, spesso destinati al settore pubblico, sono ripresi nelle architetture: sistemi d’assemblaggio intelligenti, ideati per strutture resistenti, rendevano mobili e architetture analogamente smantellabili, spostabili e modificabili senza alcuna difficoltà. Il principio che “non c’è una differenza tra la costruzione di un mobile e di un immobile” diventa la base di tutta la sua opera.

LPSeguin 001-279 zampo01 x giornalisti.indd

Si tratta di architetture d'urgenza, flessibili, che seguono un senso ecologico ante litteram, dove non c'è impronta duratura sul suolo. Ne è un esempio la Maison Metropole (8×12 metri), casa in alluminio vincitrice di un concorso del Ministero dell’Istruzione (1949) per l’ideazione di una “scuola rurale producibile in massa, con un’aula e con alloggi per gli insegnanti”. L’Atelier Jean Prouvé ne ha costruiti due esemplari, uno a Bouqueval, nei pressi di Parigi, e l’altro a Vantoux, nel dipartimento della Mosella, oggi in mostra a Torino. Come la scuola, gli alloggi seguivano il principio degli edifici a portici brevettato dall’architetto francese nel 1939, e utilizzato in numerosi progetti postbellici, soprattutto nel settore abitativo. La sua struttura, interamente d’acciaio, comprende due ingressi portanti che definiscono lo spazio interno, pur lasciando totale libertà nella disposizione degli elementi. L’involucro si avvale di pannelli di facciata ai due lati, con finestre a ghigliottina integrate e persiane a scomparsa in custodie d’alluminio a coste. L’interno è uno spettacolo per gli occhi, soprattutto grazie alla presenza del legno, e il controllo della temperatura va molto oltre le specifiche standard del tempo.

LPSeguin 001-279 zampo01 x giornalisti.indd

È sorprendente inoltre notare come l’opera di Prouvé ben si armonizza con gli spazi che attualmente la ospitano: la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli e la pista del Lingotto. Monumento della modernità ed esempio di produttività negli anni Venti, simbolo del terziario avanzato negli anni ’90, il Lingotto era considerato da Le Corbusier «uno degli spettacoli più impressionanti forniti dall’industria». Nel 1989 Renzo Piano, in un intervento di riqualificazione interna, lo ha trasformato in un centro polifunzionale con auditorium, centro congressi, hotel, centro servizi, una shopping area e soprattutto un centro esposizioni, la Pinacoteca. Costruita nella torre nord del complesso, sulla pista originariamente utilizzata per il collaudo delle auto, la Pinacoteca si sviluppa su sei livelli, il più alto dei quali è stato battezzato lo "Scrigno". Si tratta di un corpo d’acciaio e cristallo, al cui interno sono racchiusi i venticinque capolavori che compongono la collezione permanente Agnelli, mentre i piani sottostanti ospitano le mostre temporanee.

LPSeguin 001-279 zampo01 x giornalisti.indd

Nelle sale della Pinacoteca Agnelli sono in esposizione numerosi mobili e modelli architettonici realizzati da Prouvé: dalla sedia Standard, presentata nella sua evoluzione dagli anni 30, all'arredamento creato per l'Africa ed alle architetture mobili. Tra queste, la Maison des Sinistrés, progetto commissionato nel 1944 dal Ministero della Ricostruzione come soluzione abitativa per le famiglie della Lorena che avevano perso la propria casa nei bombardamenti. Il principio costruttivo permetteva di edificarle in un giorno, con il lavoro di tre persone. E anche la Maison Metropole, sulla pista del Lingotto, ha richiesto una fase di montaggio con quattro persone impegnate per cinque giorni consecutivi.

LPSeguin 001-279 zampo01 x giornalisti.indd

È sempre difficile individuare, affermare per quale ragione un’opera è coerente. In Prouvé la coerenza è data dall’industrializzazione. Dalle sue prime sedie nel 1929 fino alle ultime degli anni ’50, passa oltre un quarto di secolo. In tutto questo tempo Jean Prouvé difende le sue convinzioni e, mentre dilaga ogni sorta di opposizione all’industrializzazione, egli afferma invece quanto quest’ultima sia necessaria all’uomo e al progresso. Di fatto, egli si pone al servizio di tutti: pensa a un mobilio che guardi alla collettività, alle amministrazioni, università; pensa ad un’architettura industrializzata, smontabile, che non avrebbe lasciato tracce permanenti.

È una scelta moderna, essenziale: ecologica prima ancora che al rispetto dell’ambiente si osasse pensare. (Patrick Seguin)

Paradigmatico di un modo di progettare tipicamente francese, Prouvè unisce alla crudezza della finitura industriale l’innovazione tecnologica. Il designer francese infatti utilizza con una disinvoltura, spesso sconosciuta agli architetti italiani, lamiera piegata, tubi metallici, colori sgargianti. Un modo di trattare il metallo (ma anche il legno, che Prouvé invitava a non sprecare, per preservare le foreste) che diventa una scelta etica oltre che estetica, e che si riflette nella semplicità dell’ideazione e dell’esecuzione. Un metodo progettuale estremamente attuale che fa di Prouvé uno dei designer più ricercati dai collezionisti.

80 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views