La letteratura batte la crisi: il festival di Bologna lo finanzia il pubblico
Quello che è oggi uno dei più grandi scrittori italiani, Antonio Moresco, amato -talora odiato- ma in ogni caso molto stimato dalla critica e dal pubblico, fece scalpore anni fa con un libro che racconta la storia di tutti i rifiuti che ricevette come esordiente: Lettere a nessuno. Il nessuno del titolo sono gli Editori italiani, che per più di vent’anni non lo considerarono, prima di riconoscerlo come talento puro.
Va da sé che di Moreschi fra tutti gli esordienti che impilano il loro manoscritti alle porte delle case editrici ce ne saranno pochi, ma un punto rimane: pubblicare un libro è un fatto d’èlite. E a volte questo elitismo non è strettamente legato al talento, ma alle conoscenze, all’essere in un impalpabile ambiente, per lo meno per i tanti scrittori di poco talento che pubblicano occupando posto nelle grandi case editrici, i quali rischiano di essere di più di quelli che il talento ce l’hanno, ma che nessuno conosce.
Ecco perché in Italia e non solo deve essere preso seriamente il fenomeno del Crowdfunding, il meccanismo per cui un libro viene pubblicato grazie alle offerte di chi il libro se lo vuole comprare. Tante case editrici usano questo strumento per sopravvivere, promuovendo prodotti editoriali a volte degni di considerazione: il fenomeno interessante è stato Bookabook, una startup italofrancese che colleziona progetti da finanziare dal basso, libri in cui credere e che si chiede agli stessi lettori di finanziare, dietro al quale c’è anche l’impegno e la mente di un editor di alto profilo come Claire Sabatie Garat, cresciuta per molti anni in Gallimard.
Ed ecco la grande novità: non solo più libri finanziati dal basso ma anche interi festival letterari, finanziati dal basso. È il festival multimediale della letteratura di Bologna Bologna in lettere giunto alla sua terza edizione, che ha scelto questa formula di autogestione per la sua organizzazione e promozione.
Come ha dichiarato il direttore del Festival, Enzo Campi, in un comunicato apparso su Bologna Today: “La nostra non è una richiesta di soldi fine a se stessa -non chiediamo l'elemosina- ma un'offerta per un bene comune”, si chiede a coloro che credono nella giovane manifestazione un contributo, dato che in questo momento il festival, che ambisce ad essere di grande qualità, non ha fondi nè sponsor.
Dopo Bookabook, a Est dell’Equatore e tante piccole case editrici, che pubblicano usando il metodo del finanziamento dal basso, adesso addirittura un intero festival decide di finanziarsi facendo appello non alla benevolenza, ma alla reale passione e all’interesse di coloro che partecipano agli eventi.
In un momento storico per l’editoria, in cui Mondadori e RCS, le due case editrici più grosse d’Italia, si stanno fondendo, il fenomeno del finanziamento editoriale dal basso – basato essenzialmente sul concetto profondamente democratico della promozione di un prodotto editoriale a partire dalla qualità riconosciuta o riconoscibile direttamente da parte del pubblico- non può non far riflettere: sempre più spesso si tratta di prodotti la cui qualità migliora e anche ove sia ancora carente, non si può non nascondere il fatto che mentre le case editrici sfornano libri al solo scopo di un tornaconto commerciale, il metodo del Crowdfunding rappresenta allo stato attuale una delle poche opzioni di futuro possibili per pensare un mercato dei libri migliore, più equo.
Se poi addirittura anche i Festival, come nel caso di Bologna in lettere, che inizierà il mese prossimo, incominciano ad auto-promuoversi per finanziarsi dal basso, sembra proprio che la percezione dello spazio del mercato possa cambiare – sicuramente con lentezza- verso una maggiore libertà, verso una maggiore apertura , un’apertura finalmente degna dei lettori stessi.