video suggerito
video suggerito

La lettera di Atwood, Rowling e i 150 intellettuali contro la “cancel culture”

Una lettera firmata da oltre 150 tra artisti, accademici e scrittori contro l’online shaming e la “cancel culture” pubblicata su Harper’s magazine fa discutere negli Stati Uniti. Da Margaret Atwood a J.K. Rowling, tra ritrattazioni e smentite, la polemica sull’illiberalismo delle posizioni di chi chiede più giustizia è solo ai nastri di partenza.
A cura di Redazione Cultura
162 CONDIVISIONI
Immagine

Cosa ci fanno nello stesso appello la scrittrice Margaret Atwood, punto di riferimento delle femministe di tutto il mondo, e J.K. Rowling, la mamma di Harry Potter accusata di posizione transfobiche? E con loro altri 150 tra scrittori e intellettuali del calibro di Noam Chomsky, Salman Rushdie e tanti altri? La lettera in questione, pubblicata qualche giorno fa su  Harper's Magazine è intitiolata "A Letter on Justice and Open Debate" (Una lettera sulla giustizia e sul dibattito aperto). Artisti, scrittori, accademici uniti per schierarsi contro il conformismo ideologico, per mettere in guardia contro l'insorgere di un diffuso "illiberalismo" che mette in pericolo la libera circolazione delle informazioni e delle idee.

La lettera arriva nel bel mezzo del dibattito su quella che nel mondo anglosassone viene definita dall'espressione "cancel culture", la cultura della cancellazione dove persone di spicco si trovano ad affrontare attacchi solo per il fatto di aver condiviso opinioni controverse. I sottoscrittori, dopo aver puntato il dito contro l'insorgere delle "forze dell'illiberalismo che stanno guadagnando forza in tutto il mondo e hanno un potente alleato in Donald Trump, il quale rappresenta una vera e propria minaccia per la democrazia."

"Il modo per sconfiggere le cattive idee" continuano i sottoscrittori della lettera "è attraverso l'esposizione, l'argomentazione e la persuasione, non cercando di metterle a tacere o sperare che spariscano". E concludono: "Rifiutiamo ogni falsa scelta tra giustizia e libertà, che non possono esistere l'una senza l'altra." Tra gli altri firmatari ci sono Noam Chomsky, Gloria Steinem e Malcolm Gladwell.

Tuttavia, come era prevedibile, l'appello ha già scatenato una ridda di polemiche tra social e giornali. Il giornalista e scrittore Glenn Greenwald, per esempio, ha twittato polemicamente ficcando subito il dito nella piaga: "Come di solito accade per le persone che si manifestano a favore di un dibattito libero e aperto e contro la repressione, molte persone su questa lettera aperta di Harpers hanno un comportamento nel loro passato che riflette la mentalità censoria che stanno condannando qui".

E c'è chi tra i firmatari ha deciso di ritirare la propria sottoscrizione, come lo storico Kerri Greenidge, che ha chiesto di ritrattare la sua adesione o chi, come la scrittrice Jennifer Finney Boylan, ha affermato di non sapere chi altri avesse firmato la lettera: “Pensavo di appoggiare un messaggio ben intenzionato, anche se vago, contro l'online shaming. Sapevo che Chomsky, Steinem e Atwood avevano firmato, e ho creduto di essere in buona compagnia. Mi dispiace molto". Evidentemente la presenza di persone – e qui il riferimento alle posizioni contro i transgender manifestate in recenti tweet da J.K. Rowling non pare affatto esser velato – in quest'appello ha creato qualche dubbio tra i sottoscrittori di stampo progressista. Anche il senato americano è intervenuto, tramite uno dei suoi rappresentanti, Brian Shatz, secondo cui "troppe energie mentali sono dedicate a risolvere un problema che richiede troppo tempo per essere descritto, ed è impossibile da risolvere, mentre nel frattempo bisogna prevenire morti di massa".

Insomma, il pasticcio ormai è combinato. O quantomeno, il dibattito che si voleva aperto adesso è più aperto che mai. E i centocinquanta firmatari, c'è da giurarlo, si troveranno coinvolti prossimamente in più d'una polemica.

162 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views