La Legge di Bilancio colpisce i ricercatori: ma non dovevamo evitare la fuga dei cervelli?
La notizia vien fuori dalle pieghe del maxi emendamento alla Legge di Bilancio 2018 che sta per essere approvato dal Parlamento. Un risparmio di 100 milioni che, nella trattativa con l'Unione europea, arriva dal congelamento delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione fino al 15 novembre del 2019. Il che significa che per tutto l'anno prossimo i ricercatori universitari rischiano di restare senza stipendio. Esclusi dai tagli, per fortuna, poliziotti e insegnanti ma non gli universitari.
I primi sono materia del ministro Salvini, senza i secondi sarebbe impossibile far partire l'anno scolastico. Meglio colpire ancora una volta coloro che fanno meno rumore e apparentemente "servono" meno. Naturalmente i ricercatori precari in scadenza ce si vedranno esclusi protestano, ma è presumibile che non nulla cambierà.
Cinismo della politica. La stessa che, dovendo operare scelte dolorose, durante le campagne elettorali (permanenti) promette e poi, alla prova dei fatti, non mantiene. Da più parti, peraltro, si fa notare come i provvedimenti su cui si taglia siano in perfetta contraddizione con quelli che si finanziano. In effetti, da un lato con quota 100 si cerca di favorire il ricambio generazionale, dall'altro con i tagli alla ricerca quel cambio generazionale si allontana sempre di più.
Ma su tutto resta la contraddizione massima, le roboanti affermazioni degli attuali vicepremier quando sostenevano che priorità della loro azione sarebbe stata far rientrare in patria i cervelli in fuga, evitando innanzitutto di far partire i cervelli italiani, che non dovevano emigrare, che dovevano restare tra noi. Sotto Natale, quando i tanti cervelli in fuga magari tornano in Italia per qualche giorno da passare con i propri familiari, fa ancora più impressione.