La Grande Madre: a Milano una mega-mostra sulla maternità
A Milano, al primo piano di Palazzo Reale, in 29 sale per 2000 metri quadrati, fino al 15 novembre c’è La Grande Madre, la mega-mostra curata da Massimiliano Gioni, promossa da Comune di Milano | Cultura, ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi insieme a Palazzo Reale, come evento di punta dell’autunno di ExpoinCittà 2015.
Ancora numeri: 400 e più sono le opere esposte, 139 le autrici e gli autori in mostra, in una raccolta inedita ed entusiasmante che, lungo il fil rouge del tema della madre, ha messo insieme nomi eclatanti e straordinari con cui si percorre la storia dell’arte del Novecento: La Grande Madre analizza l’iconografia e la rappresentazione della maternità dalle avanguardie sino ai giorni nostri.
L’analisi che ne emerge è complessa, antiretorica e profonda: maternità è forza creatrice e arte stessa, è inestinguibile archetipo collettivo; maternità vuol dire tradizione, ma, col passare dei secoli, vuol dire anche emancipazione: vuol dire ribellione, potere e potere negato, costrizione e libertà, per esempio nella negazione della maternità stessa. È su questo secondo versante, quello più inquieto e articolato, che l’arte del Novecento ha espresso la maternità, tema correlato ad altri temi come il femminismo, la religione, la sessualità. È così che la mostra si costituisce come narrazione trasversale del ventesimo secolo, esplorando i miti e i cliché del femminile, nel corso degli anni oggetto e poi soggetto della rappresentazione.
L’esposizione di un ampio archivio fotografico di figure di divinità femminili primordiali introduce alla mostra di Palazzo Reale che si apre con le immagini allucinate di maternità e sessualità prodotte a fine Ottocento da Munch, Kubin o Käsebier. Si giunge ben presto alle alte espressioni delle avanguardie, con Futurismo, Dadaismo e Surrealismo, movimenti ai quali le donne parteciparono attivamente, combattendo per di più con l’immagine di donna-oggetto che alcuni di quei gruppi tramandavano. In mostra si trovano dunque opere di Boccioni, di Benedetta, le macchine celibi di Duchamp, Picabia e Man Ray, le bambole meccaniche di Sophie Taeuber-Arp e Hannah Höch, opere e documenti di Breton, Bellmer e Dalí, insieme a cinquanta collage originali de La donna 100 teste di Max Ernst.
Visioni surrealiste, ma da punti di vista femminili, vengono offerte dalle inquietanti opere di Frida Kahlo, Meret Oppenheim, Dora Maar che lasciano poi spazio a una affascinante selezione di lavori di Louise Bourgeois che fa da epicentro ideale della mostra: l’anatomia e insieme la simbologia si fanno più evidenti, e la potenza del tema femminile/maschile si fa più forte.
La storia dell’arte e del pensiero ed il percorso di mostra continuano con alcune grandi artiste degli anni ’60 e ’70 – tra cui Yayoi Kusama, Ana Mendieta, Annette Messager – che creano un nuovo vocabolario di forme per rivendicare la centralità del corpo femminile. Affini al femminismo sono poi quelle artiste che in modi diversi denunciano le tensioni e i giochi di potere nello spazio domestico: in mostra Yoko Ono, Valie Export, Sherrie Levine, per citarne alcune.
L’artista donna, femmina e grande madre, tra gli anni ’70 e gli anni ’80 è ormai abilissima a riformulare la propria immagine e giocare con i cliché e la tradizione, decostruendo gli stereotipi di donna tramandati dai mass media oppure mescolando riferimenti iconografici sul tema materno tratti dalla pittura e scultura religiose: ed ecco i lavori forti di artiste come Ketty La Rocca, Katharina Fritsch, Cindy Sherman. Proseguendo, l’esposizione di Giorni ci mostra come dagli anni ’90 l’aggressività sul tema della donna si fa più semplice e diretta, con opere di Sarah Lucas, Marlene Dumas, Pipilotti Rist, e a volte post-umana o feroce con Nathalie Djurberg, Robert Gober, Kiki Smith tra gli altri. Il percorso di mostra è inoltre arricchito puntualmente da lavori straordinari di artisti come Cattelan, Koons, Fontana, Brancusi, per citarne solo pochi.
Centinaia i nomi, dunque, e importantissime le opere per parlare non semplicemente di un tema, ma di storia, di storia dell’arte, di filosofia, antropologia, attualità. Ciò che emerge da La Grande Madre è un concetto inaspettato di donna e di maternità: “madre come proiezione di desideri, ansie e aspirazioni individuali e collettive, maschili e femminili. Forse un’immagine meno rassicurante di quella consueta a cui ci hanno abituato la pubblicità e la retorica, ma decisamente più complessa e potente”.
Per visitare la mostra tutte le informazioni pratiche sono disponibili sul sito www.lagrandemadre.org.