La Genovese di Enrico Fierro, storia d’amore e di rabbia in un Sud eterno
Chi non conosce Napoli difficilmente potrà capire cosa sia e quanta importanza ha la Genovese nella cultura gastronomica (e non solo) partenopea. Eppure, proprio chi non conosce Napoli, potrà trarre giovamento dalla lettura dell'ultimo romanzo di Enrico Fierro intitolato appunto "La Genovese – Una storia d’amore e di rabbia". Ma la genovese non è solo un piatto tipico a queste latitudini, è anche una donna, con tutto quel che ne consegue. Per non parlare delle implicazioni politiche, di quel mondo abitato da chi non si è mai piegato. Ma per scoprire questo ed altro non resta che lanciarsi nella lettura di questo piacevole romanzo, edito dalla Aliberti editrice, scritto da Fierro, giornalista e scrittore irpino, collaboratore de Il Fatto Quotidiano.
La storia de "La genovese"
Frank ha un nome straniero, ma è italianissimo, un figlio del Sud. Da subito capisci che è un fuoriposto, uno che naviga proprio male nelle acque del mondo di oggi. Giornalista da una vita, è da sempre costretto a raccontare i personaggi della ridicola commedia italiana. Quelli che affollavano il mondo dorato della sua "direttora", grandissima animatrice dei salotti dove si decidono fortune e carriere, e che il potente segretario del partito aveva voluto al comando della sgangherata nave del giornale. Oppure Pellegrino Diotallevi, in arte Pel. Un pezzo di malacarne che aveva fatto i soldi con le macchine usate a Durazzo e con la monnezza che importava dall'Italia, ed era riuscito in un'impresa unica: fregare ai poveri la loro fame e trasformarla in un business.
Frank, divorato dalla raggia – la rabbia, nel suo dialetto – è stato sempre un uomo contro. Perché il suo mondo era un altro. Quello di Peppino Matarazzo, di mestiere edicolante, che gli insegnò ad amare i giornali e da morto volle che lo scemo del paese gli cantasse in chiesa "Bella ciao". Il suo mondo era quel vecchio professore di violino incontrato sulle rive di un fiume a Prizren, in Kosovo. Il maestro elementare di quel piccolo borgo sullo Jonio che spendeva i pochi soldi dello stipendio per i libri e per alimentare la sua idea di comunismo. Oppure Peppino Gagliardi, che non vinse un Festival di Sanremo per colpa di una censura scandalizzata. Insomma, gli sconfitti pieni di dignità e umanità che aveva incontrato nella sua vita. Romanzo fatto di personaggi e luoghi, "La Genovese" ha per vero co-protagonista un sud più immaginario che reale. Cambiano le epoche, i tempi della vita e della storia si sovrappongono fino a mescolarsi, sempre accompagnati da suoni, odori e sensazioni precise ed evocative. Come il sapore di quella Genovese che dà il titolo al libro.
Romanzo fatto di personaggi e luoghi, "La Genovese" ha per vero co-protagonista un Sud più immaginario che reale. Cambiano le epoche, i tempi della vita e della Storia si sovrappongono fino a mescolarsi, sempre accompagnati da suoni, odori e sensazioni precise ed evocative. Come il sapore di quella Genovese che dà il titolo al libro. "La Genovese era così, come una bella donna portatrice di una naturale bellezza. Si chiama Genovese ma a Genova non sanno neppure cos’è". Se non siete napoletani e non sapete chi o che cosa sia, la risposta è nelle pagine finali.
L'autore, Enrico Fierro
Enrico Fierro è un giornalista e scrittore irpino, scrive per Il Fatto Quotidiano. In passato ha scritto per il settimanale “Dossier Sud” diretto da Giuseppe Marrazzo, per “La Voce della Campania” e per “L’Espresso”, “Epoca” e “Avvenimenti”, collaborando a trasmissioni e inchieste per la televisione. Ha lavorato come inviato speciale per L’Unità realizzando tra gli altri reportage sulla crisi dell’Albania e sulla guerra in Kosovo. Il documentario “La Santa. Viaggio nella ‘ndrangheta sconosciuta” realizzato da Enrico Fierro e Ruben Oliva assieme all’omonima pubblicazione ha ricevuto il Premio Globo d’Oro.