La fattoria degli animali di George Orwell, settant’anni dopo
"La fattoria degli animali" è passata alla storia per essere l'allegoria forse più emblematica dell'esperienza del totalitarismo: attraverso la storia della ribellione di un gruppo di animali di una fattoria, George Orwell racconta secondo il suo personale punto di vista gli esiti tragici della dittatura staliniana in Unione Sovietica, costruendo una storia che è diventata un po' il simbolo di tutte quelle rivoluzioni che, trasformandosi in regime, ad un certo punto in qualche modo tradiscono loro stesse. Un romanzo duro, tanto che, finito nel 1943, viene pubblicato solo nel 1945. Esempio più grande della cosiddetta letteratura "distopica", il racconto sviluppa una critica molto forte ai regimi politici totalitari e al culto della personalità che ne scaturisce, alla deformazione della realtà da parte del potere politico e alla conseguente perdita delle libertà individuali: tutte tematiche molto care ad Orwell, che egli riproporrà nel suo romanzo più famoso, "1984". Una letteratura, quella di Orwell, caratterizzata da una vivida ma anche molto semplice descrizione della distopia totalitaria, vissuta da scrittore ma ancor prima da uomo. E proprio da uomo, Orwell costruisce una storia che, al di là del forte riferimento alla contemporaneità, resta nell'immaginario del lettore come un crudo esempio della possibile bestialità dell'essere umano: "gli animali guardavano dal maiale all'uomo e dall'uomo al maiale e ancora dal maiale all'uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due".
Tutto inizia in una notte particolare: il signor Jones, proprietario della "Fattoria padronale", sta andando come al solito a letto ubriaco. Ma quella notte, gli animali della fattoria non dormono: parlano, si confrontano, discutono della loro drammatica situazione di sfruttamento. Il Vecchio Maggiore, l'anziano maiale, chiama tutti a raccolta nel granaio, e in un appassionato discorso li esorta a ribellarsi dall'oppressione di Jones, appena se ne sarebbe presentata l'occasione. Anche quando, appena tre giorni dopo, il Vecchio Maggiore muore, le sue parole restano nella memoria di tutti gli animali: Napoleon e Palla di Neve, due maiali intraprendenti e molto intelligenti, iniziano a preparare l’attuazione della rivoluzione profetizzata dal Vecchio Maggiore. Ed il gran giorno arriva. Quando il signor Jones e i suoi uomini dimenticano per un giorno intero di dar loro da mangiare, gli animali, inferociti per il lungo digiuno, si ribellano e cacciano gli uomini dalla fattoria, che prende così il nome di "Fattoria degli animali".
Tutto ciò che va su due gambe è nemico. Tutto ciò che va su quattro gambe o ha ali è amico. Nessun animale vestirà abiti. Nessun animale dormirà in un letto. Nessun animale berrà alcolici. Nessun animale ucciderà un altro animale. Tutti gli animali sono uguali.
Queste, le regole ferree della fattoria. Regole che però ben presto verranno sovvertite, da quegli stessi capi che avevano guidato la rivoluzione. Napoleon e Palla di Neve sono sempre in disaccordo su qualsiasi decisione da prendere, e quando arriva il momento di decidere come affrontare la minaccia del signor Jones che vuole riappropriarsi della fattoria, accade la tragedia: Napoleon aizza contro il suo rivale nove cani inferociti, costringendolo alla fuga. Da quel momento, i famosi sette comandamenti della fattoria degli animali cambiano, ricordando come tutti gli animali siano uguali, "ma c'è chi è più uguale di altri". L'immagine finale del libro è forse una delle più inquietanti e forti che si trovano in questo tipo di letteratura: i maiali siedono al tavolo con gli uomini, dopo aver ridotto in schiavitù tutti gli altri animali della fattoria, camminano su due zampe e sembrano in tutto e per tutto simili agli umani. O sono gli umani, alla fine, a diventare simili ai maiali?
Tramite una favola, insegnare a non credere alle favole: questa la cosa più profonda che il romanzo di Orwell lascia in chi lo legge. Dubitare sempre, anche del nostro stesso pensiero, perché potrebbe essere condizionato da un linguaggio costruito apposta per incarcerare la nostra mente e renderci schiavi inconsapevoli. Perché tutti siamo uguali, è vero, ma accade che alcuni diventino più uguali degli altri.
Le creature di fuori guardavano dal maiale all'uomo e dall'uomo al maiale e ancora dal maiale all'uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due.