La dittatura teme l’arte: pittrice curda condannata a 3 anni per aver condiviso un quadro
Si può finire in carcere per aver dipinto un quadro e averlo poi "condiviso" sui social e in pubblico? Nella Turchia di oggi lo è esattamente alla stessa maniera in cui lo era durante la Controriforma cattolica nel XVII secolo. E così, la pittrice giornalista turca e curda Zehra Doğan è stata condannata a due anni e dieci mese di carcere per un dipinto che raffigura la distruzione causata dalle forze di sicurezza turche nel quartiere Nusaybin della provincia di Mardin, una regione curda in Turchia.
Secondo il quotidiano turco "Cumhuriyet", il tribunale di Mardin ha emesso la sentenza proprio in virtù del soggetto rappresentato nel quadro, dove bandiere turche sventolano su edifici distrutti dalle forze di polizia. Tuttavia, secondo Artforum, il giudice ha espresso la condanna soprattutto per la condivisione in pubblico del suo dipinto.
Secondo l'Art Newspaper, le autorità hanno arrestato Doğan in un caffè alla fine di luglio, sostenendo che le sue opere hanno dimostrato che era collegato al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che è considerato un'organizzazione terroristica da parte del governo turco.
Dopo due anni di cessate il fuoco tra le forze di sicurezza turche e militanti del PKK, la controffensiva delle forze di sicurezza è ripresa più insistente di prima. Secondo il rapporto di Amnesty International, nel dicembre 2016, dopo violente repressioni da parte delle autorità turche, circa mezzo milione di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case nel corso dell'anno appena trascorso. In una dichiarazione per Fairpress, Doğan – che ha realizzato il suo dipinto a partire da una fotografia – ha affermato:
Il giudice ha punito la persona sbagliata: non quella che ha distrutto la città, né quella che ha fatto la foto, ma quella che ha dipinto la foto.