La diretta Rai del premio Strega è stata un mezzo disastro
C'è stato un momento in cui all'inizio della diretta per il Premio Strega ci si è resi conto del dislivello tra la conduzione ironica e veloce di Geppi Cucciari e l'abitudine nostra – telespettatori – e degli invitati al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, da dove si stava svolgendo la diretta di Rai 3, a uno spettacolo istituzionale: una discrepanza che in certi momenti ha creato una situazione quasi surreale. Dopo un attimo di sconcerto – più per la difficoltà di chi era lì di comprendere la conduzione di Cucciari, che per le battute in sé -, però, la situazione è diventata godibile e a tratti anche divertente, se non fosse che l'impressione finale è che del Premio Strega in tv non freghi molto in Rai. E questo è un peccato.
Certo, venivamo da un annuncio della cinquina – presentata da un compostissimo Gigi Marzullo -, con una diretta su Raiplay imbarazzante, con enormi problemi tecnici di sincronizzazione audio, con momenti istituzionali che come al solito sono spuri rispetto al contesto, e il mini caso di Roberto Fico che non sapeva se avesse dovuto o meno annunciare i finalisti. Insomma, fare peggio di quello era difficile, e in effetti non si è arrivati a quei livelli. Ma chi si aspettava un salto netto di qualità probabilmente è rimasto deluso. L'impressione è che la finale del Premio Strega – che, lo ricordiamo, è il principale premio letterario italiano – è stato incastrato alla bene e meglio in una seconda serata di Rai 3 che lo ha accolto con poca voglia.
Ora, è chiaro, lo Strega non è né il Festival di Sanremo, né l'Eurovision con i Maneskin favoriti, ma sarebbe doveroso per la televisione nazionale trovare un spazio adeguato, altrimenti tanto vale mandarlo in notturna, con calma, o su Raiplay, risolvendo i problemi tecnici di cui sopra. Perché gli ultimi minuti sono stati a tratti imbarazzanti, con una corsa senza sosta, l'incomprensione sulla proclamazione con il Presidente Sandro Veronesi, che nella fretta finale ha sbagliato – senza che nessuno lo correggesse – l'editore del libro vincitore e Trevi, il vincitore di questa edizione con "Due vite", che s'è trovato a dire due parole in croce prima di ingozzarsi, di corsa, col liquore. La scelta di Geppi Cucciari, quindi un volto della rete, una conduttrice bravissima, in grado di gestire bene i vari registri, quello più ironico con cui ha cominciato la serata e quello più "classico" delle interviste, è stata una mossa azzeccata che dava l'idea di un'edizione nuova.
Ma nel complesso è parso tutto raffazzonato, come spesso avviene quando devi correre contro il tempo. Era divertente vedere in che modo Cucciari si interfacciava con scrittori e cariche istituzionali varie, dando movimento a una serata tendenzialmente molto ingessata, con alcune risposte impreparate a quella ironia che sono diventate proprio una delle chiavi della serata. Ma Geppi Cucciari era assolutamente a proprio agio anche sulla famosa poltrona, quella da cui intervistava gli scrittori e le scrittrici. Il problema è che evidentemente quel momento è andato lungo e il tutto ha sforato di una ventina di minuti rispetto alle previsioni, come ha spiegato proprio la conduttrice scusandosi con Maurizio Mannoni che aspettava la linea per Linea Notte.
Il risultato è stato che la gara – una delle componenti della finale del Premio – ha perso completamente la sua funzione. Il famoso tabellone, su cui si riportano di volta in volta i risultati parziali, è diventato una cosa completamente laterale, superflua, perdendo ogni significato all'interno dello spettacolo. Insomma, niente suspense, e va bene, ma il punto è che l'ultimo parziale, quello che avrebbe incoronato Trevi vincitore è stato sbrigato proprio come un compitino da assolvere nel modo più asettico possibile. Sono stati i momenti più concitati, con Geppi Cucciari che dava e toglieva il microfono di corsa, l'annuncio sbagliato dell'editore del libro vincitore che, una volta tanto, non era uno dei nomi più noti al grande pubblico. Insomma, dall'altra parte dello schermo si è vissuta tutta l'ansia di qualcosa che bisognava fare e togliersi dalle scatole al più presto. E ci sono riusciti.