La danza de la realidad: Jodorowsky torna al cinema
Alejandro Jodorowsky torna al cinema. A 23 anni dal suo ultimo film , Il ladro dell’arcobaleno, l’artista cileno, autore di film cult negli anni '70, porta al Torino Film Festival La danza de la realidad.
Jodorowsky ha attraversato in forme eclettiche e in maniera assolutamente personale numerose arti; classe 1929, sbarca a Parigi nel 1953 dove fonda con Fernando Arrabal e Roland Topor il movimento di teatro Panico, per poi diventare assistente e collaboratore di Marcel Marcau. Ma buona parte della sua fama gli deriva dalle pellicole cinematografiche girate dal ’68 in poi: Il paese incantato, El Topo, che lo rivelò al pubblico internazionale, La montagna sacra e Santa sangre-Sangue santo per ricordare le più celebri. Senza dimenticare la proficua collaborazione, in veste di sceneggiatore, con uno dei più grandi fumettisti della storia, Moebius.
Surreailsta convinto, Jodorowsky negli anni ’60 incontra una guaritrice messicana, Paquita, che influenza in maniera determinante il suo percorso. L’artista cileno, infatti, riflettendo sui metodi mistici di guarigione di Paquita (scientificamente improbabili ma di grande impatto sui pazienti) ipotizza e definisce negli anni quella che chiamerà psicomagia: l’arte come cura per i mali, l’azione priva di logica ma carica di valore emotivo come soluzione ai problemi. Appassionato anche di psicoanalisi, Jodorowsky non vive della convinzione illusoria che la magia possa aiutare le persone, ma dell’idea che l’energia di chi applica metodi di guarigione magica possa incidere sulla serenità delle persone, sull’accettazione. Insomma Jodorwsky strumentalizza i criteri di un guaritore utilizzandoli come forma di analisi, così come nel tempo farà con i tarocchi, non più simboli per predire il futuro, ma mezzi per conoscersi. Un po’ come se si utilizzasse per inziare l'analisi di una persona la famosa domanda del cartomante napoletano Gennaro D’auria: “chi è Maria”, alla quale chiunque risponderà sempre qualcosa, perché, pensandoci un attimo, chi di noi non conosce almeno una Maria?
La cinematografia di Jodorowsky è intrisa di queste forme di mistero, alimentate da uno stile a tratti estremamente surreale che si disinteressa completamente alla naturalezza, alla veridicità delle immagini. I suoi film sono percorsi interiori dei personaggi, scanditi da simbolismi cristologici e di religione orientale che ne determinano la crescita e l’evoluzione, sempre senza una logica facilmente definibile. Spesso fa capolino nella trama un fondo psicoanalitico che si intreccia alle componenti magiche.
Jodorowsky mancava sul grande schermo da ormai 23 anni, il film che ha portato al Torino Film Festival in questi giorni (ma che ha presentato già al Festival di Cannes 2013), La danza de la realidad, tratto dal suo libro omonimo del 2006, rimanda sin dalle prime sequenza alla sua riconoscibilissima poetica; un film autobiografico con cui l'autore cileno racconta la sua infanzia, il rapporto coi genitori e in particolare con l'autoritario padre Jaime. Il film forse non convince come i suoi più celebri predecessori, presentando alcune lacune in sceneggiatura e lasciando trapelare difficoltà forse derivanti dal budget ridotto, ma nel complesso un nuovo film di Jodorowsky genera necessariamente curiosità e voglia di vederlo.