La cultura? È una questione di DNA, dicono gli scienziati
La rivista Science ha pubblicato una nuova ricerca che ha rivelato l’esistenza della “cultura genetica”. Esiste, stando ai risultati dello studio condotto da un team islandese, un patrimonio genetico capace di influenzare numerosi aspetti della vita di un individuo senza che vi sia un trasferimento diretto di geni dai genitori: la cultura sarebbe uno di questi aspetti.
Lo studio è stato condotto da un team dell’Università di Oxford insieme all’azienda islandese deCode Genetics, e ha analizzato il Dna di circa 21 mila persone. La ricerca si è concentrata su un campione di persone nate fra il 1940 e il 1983 e ha tentato di ricostruire il legame fra il livello di istruzione e quella porzione di geni che non viene trasmessa dai genitori e, quindi, non è ereditaria.
Il DNA della cultura e il gene del successo scolastico
I risultati hanno evidenziato come la cultura abbia una base genetica del 50% che non viene ereditata, e che può influenzare le caratteristiche di un bambino: tali geni influiscono sull’istruzione, che a sua volta è strettamente legata all’ereditarietà paterna, oltre che su una lunga serie di fattori come la predisposizione al colesterolo e sul vizio del fumo. Ovviamente, per quanto concerne l’istruzione è soprattutto l’ambiente familiare ad influenzare alcuni tratti specifici dell’individuo in formazione, ma i risultati di questa ricerca contribuiscono notevolmente a chiarire il legame, che appare molto più stretto di quello che si pensava, fra i meccanismi genetici e quelli ambientali.
Gli studi classici infatti facevano risalire i tratti “culturali” esclusivamente alle variazioni genetiche ereditate dai genitori, ma la ricerca della deCode Genetics spiega come solo il 30% dei geni ereditati dal padre influenzi la preparazione scolastica dei figli, e come invece quelli materni abbiano un’incidenza maggiore sulla salute e le abitudini alimentari. Il professor Kari Stefansson, responsabile del progetto, ha spiegato come questo studio risulti importante soprattutto per tentare di comprendere come funziona il nostro cervello, funzionamento che ancora oggi solleva numerose domande.