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La Biennale della fotografia italiana: niente di buono?

Inizia oggi, domenica 5 luglio, l’evento culturale che vede nel nome di Vittorio Sgarbi uno dei promotori: la “Biennale della Fotografia italiana, anno 0”. Il progetto, pensato in occasione delle numerose iniziative dell’Expo e nell’ambito della International Contemporary Art, fin dal suo annuncio ha scatenato discussioni e numerosi botta e risposta fra Sgarbi e i giornali, ma oggi che l’evento avrà ufficialmente inizio, ecco in cosa consiste e i perché delle polemiche.
A cura di Federica D'Alfonso
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Verrà inaugurata oggi alle 16:00, nella suggestiva location della centrale idroelettrica Taccani, a Trezzo sull'Adda, la "Biennale di fotografia" tutta italiana curata da Vittorio Sgarbi, con un Pietro Grasso direttore artistico. L'iniziativa durerà fino al 31 luglio; proposta nell'ambito dell'evento “International contemporary art” e in occasione dei progetti per Expo, è stata organizzata in collaborazione con lʼOfficial Global partner Enel Green Power. Porre l’attenzione sulla forza e la genialità della fotografia italiana nel terzo millennio, questo l'obiettivo dichiarato da Luca fabbri, direttore organizzativo. Vi parteciperanno infatti 120 autori che hanno presentato in assoluta libertà stilistica e senza vincoli tematici le loro opere per la selezione. "Il ruolo della fotografia, infatti, non deve più essere quello di arte ancillare sostituta, bensì è necessario che essa riprenda la sua identità in quanto arte autonoma ed espressione di massima creatività" ha dichiarato a riguardo Vittorio Sgarbi, nell'aderire come curatore dell'evento. Fin da gennaio però, quando per la prima volta si è iniziato a parlare della Biennale della fotografia italiana, molte sono state le perplessità sull'organizzazione, le collaborazioni scelte e soprattutto le modalità di partecipazione per gli artisti al contest fotografico.

Fotografia anno zero

La Biennale fotografica è stata organizzata con uno specifico ma semplice regolamento di partecipazione: hanno partecipato "tutti coloro che, in possesso della cittadinanza e/o residenza italiana, per diletto o professione si dicano fotografi. Senza alcuna limitazione stilistica, e con un tema libero, le opere selezionate da un apposito comitato artistico saranno esposte per l'intera durata della manifestazione. Individuare una sorta di "punto zero" dal quale ripartire per storicizzare l'esperienza fotografica in Italia, questo uno dei punti fermi dell'organizzazione. L'iniziativa si è inoltre configurata come un'occasione unica di visibilità e promozione per i fotografi partecipanti: pubblicazione sul sito internet istituzionale delle due foto selezionate di ciascun autore, complete di breve descrizione dell’opera e biografia; pubblicazione di un catalogo della mostra a cura dell'Istituto Nazionale di Cultura nonché la visibilità su tutti i media coinvolti. I primi 30 fotografi, selezionati ad insindacabile giudizio del comitato artistico, insieme ad altri 30 fotografi selezionati dal pubblico, avranno la possibilità di partecipare con le loro opere, ad una mostra fotografica che si terrà in una importante città d’arte italiana nel 2016.

Le polemiche

La giuria vede nomi eccellenti, tra cui lo storico dell'arte Carlo Arturo Quintavalle e il fotografo Gianni Berengo Gardin: "loro che hanno vissuto, scritto e fotografato durante decenni chiave della fotografia italiana, loro che si chiedevano del senso profondo del paesaggio e della documentazione, che cosa provano scorrendo quell'infinità di gondole, fontane, luminarie e torri di Pisa inviate per il concorso? Che valore danno al vivere la fotografia "al massimo della condivisione" come dettato dallo sponsor del concorso? E cosa pensano di una Biennale di fotografia dove ognuno avrà il suo posticino, a patto che paghi l'esosa quota di partecipazione e stampi delle foto non più grandi di un metro?". Questa una delle tante obiezioni sollevate qualche tempo fa da Linkiesta in un articolo titolato "Biennale di fotografia: niente di buono", che ha parlato senza mezzi termini della dubbia organizzazione del festival e delle perplessità riguardo il direttore artistico e il curatore. Grasso aveva detto "in Italia, ad oggi, nessuno ha avuto ancora il coraggio di porre il punto zero per una storicizzazione di un mezzo espressivo quale è la fotografia, ormai assunta agli alti onori dell’arte". In realtà, quello che non va giù è il pagamento di una quota partecipativa di 350 euro, considerata molto alta e contro ogni logica di diffusione artistica senza condizionamenti. Per Linkiesta, "il punto zero annunciato da Grasso è la scusa con la quale si elimina qualsiasi intento curatoriale, non preoccupandosi di creare dei percorsi tematici che vadano al di là di cliché da ufficio del turismo, non chiamando artisti per il valore del loro lavoro ma facendo sentire tutti un po' artisti, così magari si raccolgono molte quote di partecipazione. Fotografia Europea a Reggio Emilia, il SI Fest di Savignano sul Rubicone o il Festival di Fotografia di Roma sono eventi già consolidati per l'esistenza di un discorso critico sulla fotografia in Italia.

La risposta di Sgarbi

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La risposta del curatore Vittorio Sgarbi non ha tardato ad arrivare. Nello spiegare la volontà di non fare ricorso a nessun tipo di contributo dall'ente pubblico, Sgarbi ha trovato prontamente la giustificazione a quei 350 euro chiesti a ciascun fotografo. Ma non ha gradito l' "onorevole" più volte affiancato ironicamente al suo nome, né ha accettato di venire assimilato per intero all'organizzazione di un evento i cui particolari, ha ammesso, erano sconosciuti anche a lui. "Tutto questo è stato pubblicato a mia insaputa, devo rivedere le regole, per ora mi dissoci. Non mi preoccupa la cifra richiesta, non sono più i tempi per chiedere contributi all'ente pubblico, chi è interessato deve mettersi in gioco e pagare. Non mi piace però che si sia andati avanti nel progetto senza più consultarmi". Nonostante l'iniziale incertezza e le numerose questioni sollevate durante l'organizzazione del festival, il progetto è comunque andato avanti, autonomamente, e oggi inaugura la sua nuova esperienza: portando o no qualcosa di buono, staremo a vedere; di certo, quello intorno alla Biennale è un discorso vivo sullo status dell'arte fotografica, che può contribuire a rimettere in discussione certezze o mancanze di questo settore. 

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