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L’Otello di Monteverde al San Carlo di Napoli

Tra il rassicurante natalizio Lo Schiaccianoci e la tragedia romantica della primaverile Giselle, il Teatro di San Carlo di Napoli mette in scena una delle tragedie più riuscite di William Shakespeare, l’Otello di Fabrizio Monteverde, nella meravigliosa location del Teatrino di Corte.
A cura di Massimiliano Craus
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Otello (foto Francesco Squeglia)
Otello (foto Francesco Squeglia)

Già pensato e coreografato per il Balletto di Roma, l’Otello di Monteverde rappresenta un masterpiece di sicuro successo in termini di contenuti e pubblico, così da garantirsi un filo conduttore narrativo da sempre apprezzato a Napoli. Le sperimentazioni contemporanee del più o meno recente passato spesso non hanno convinto il grande pubblico così, nonostante l’assenza perdurante della direzione artistica della compagine di balletto, ci si è garantiti la pagnotta quanto meno culturale dell’offerta al crescente numero di spettatori interessati alle sorti della Tersicore partenopea. Per queste ragioni di sorta, proviamo a spiegare il perché di questo Otello.

Otello (foto Francesco Squeglia)
Otello (foto Francesco Squeglia)

In primis il consolidato format narrativo. In secondo luogo il cast squisitamente commerciale scelto per l’occasione. Si badi bene l’accezione non negativa del termine commerciale, dal momento che si citano i vari Alessandro Macario, primo ballerino ospite della compagnia del Teatro di San Carlo nelle vesti di Iago, la Desdemona di Anbeta Toromani e l’Otello di Josè Perez. Volti noti, anche ai telespettatori meno accaniti, nonché di indiscusso talento ed abnegazione alla causa sancarliana. Non a caso la coppia di vita e di scena Macario/Toromani è divenuta nel tempo più che consolidata nei pas de deux dello scorso Lo Schiaccianoci di Alessandra Panzavolta e della prossima Giselle di Lyudmila Semeniaka. Ma per non impelagarci troppo torniamo al nostro Otello.

Otello (foto Francesco Squeglia)
Otello (foto Francesco Squeglia)

Nella produzione di Fabrizio Monteverde, uno dei coreografi più apprezzati del versante contemporaneo del repertorio dei nostri giorni, Otello è un diverso, un uomo di colore più emarginato della stessa emarginazione immaginata e scritta da William Shakespeare. La sua forza sta proprio nella non-forza della sregolatezza e dell’immancabile rifiuto delle regole. La cornice di questo tragico equilatero di passioni e morte è il mare, un mare più della banchina che quello aperto. Un mare che fa del proprio porto un tragico porto di mare, che ferisce e pulisce il brulicare delle notissime passioni shakespeariane. Qui Monteverde fa largamente uso delle forzature enfatiche delle musiche di Antonin Dvorak, rinunciando alla partitura di un più vecchio Otello coreografato sulle musiche di Federico Bonetti Amendola.

Otello (foto Francesco Squeglia)
Otello (foto Francesco Squeglia)

La musica struggente di Dvorak accompagna, anche ironicamente, l’avvicendarsi delle frasi narrative e coreografiche attraverso i corpi più che idonei del citato triangolo Perez, Macario e Toromani. Qui la mano del cubano maitre de ballet del Teatro di San Carlo Lienz Chang si vede per l’approccio degli interpreti, fedelissimi evocatori delle passioni, della gelosia e del delitto di un Otello rappresentato in una innovativa produzione nell’intento di aprirsi ad un ventaglio di esperienze coreografiche sempre più lungimiranti. Poi nessuno storcerà il naso quando tornerà la divina Svetlana Zakharova in aprile a far cassa al Massimo napoletano tuttavia, nell’ormai consolidato orientamento verso il nuovo delle passate direzioni artistiche, si confida appassionatamente in un indirizzo sempre più dedito al turn over tra il vecchio ed il nuovo che avanza. Il plauso di incoraggiamento è più che meritato, tra le macerie teatrali italiane pare già significativo l’investimento, seppur ridotto, nel comparto danza del Teatro di San Carlo per cui appassioniamoci serenamente al triangolo non  propriamente equilatero di questo Otello            

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