Tutto diventa merce: così aveva ammonito Marx nel 1847. Non poteva prevedere, forse, che anche l’utero delle donne e la scuola lo sarebbero diventati. Eppure la sua diagnosi era chiara e, in fondo, se rettamente intesa, permetteva di prevedere l’integrale mercificazione che sta oggi avvenendo. Dall’economia di mercato in cui viveva Marx siamo disinvoltamente transitati alla società di mercato, nella quale non v’è parametro che resista all’“onnimercificazione” (Latouche). Perfino le scuole, gli ospedali e gli uteri delle donne.
Per dirla con Foucault, il nesso mercatistico si è trasformato in “a priori storico”, cioè in condizione di realtà per ogni enunciato e per ogni prestazione di senso del pensiero. Tutto ciò che diciamo e pensiamo è detto e pensato sul fondamento della forma merce come ineludibile condizione di dicibilità e di pensabilità del reale.
Con Heidegger, siamo parlati dal linguaggio: in esso si cristallizza lo spirito del tempo. Il nostro lessico, talvolta senza che ce ne accorgiamo, è colonizzato dalla forma merce. Persino l’ambito sentimentale, quello apparentemente più eterogeneo rispetto alla forma merce, ne è profondamente intriso: non si parla forse da tempo di “investimenti affettivi”?
Come l’“Io penso” kantiano, la merce deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni. Mai prima d’oggi la forma merce si era elevata a mezzo di comunicazione totale di una cultura. Mai prima d’oggi il reale e il simbolico erano stati integralmente mercificati.
Entro i confini del capitalismo assoluto-totalitario di cui siamo abitatori, l’individuo è soggiogato al capitale non soltanto come venditore di forza-lavoro (peraltro oggi precaria e flessibile). La sua incorporazione è essa stessa assoluto-totalitaria, giacché avviene nella cultura come nel tempo libero, nell’educazione come nella malattia, e perfino nella morte. Non vi è dominio della nuda vita che oggi si sottragga alla presa mortifera del capitale.
Un tempo il capitale si arrestava ai cancelli della fabbrica. Oggi li ha varcati e si è preso la totalità della vita, del pensiero e dell’immaginario.
A prevalere è, così, il modello dell’azienda totale: tutto diventa azienda, scuola compresa. In virtù di tale dinamica esiziale di aziendalizzazione, in luogo degli ospedali vi sono oggi le “aziende sanitarie”, secondo la logica della mercificazione stessa della salute e della sanità. La salute ha cessato di essere un diritto sociale ineludibile ed è divenuta essa stessa una merce tra le tante.