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L’audiolibro lascia il libro e diventa un genere a parte

Il celebre autore di thriller Jeffrey Deaver, creatore di molti bestseller milionari, pubblica la sua prima opera concepita totalmente per essere ascoltata: un racconto audio a ventinove voci. Questa innovazione fa pensare alle potenzialità ancora inespresse dell’audiolibro, ricorda la grande fioritura novecentesca del radiodramma e, di fatto, inventa un nuovo genere.
A cura di Luca Marangolo
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È probabile che i nostri lettori conoscano l’audiobook. Si tratta di registrazioni audio di classici o di libri famosi, spesso ad uso e consumo di chi ama mescolare la letteratura a contesti in cui il libro non può che essere ascoltato. E così è di pochi giorni fa un articolo di Federico Rampini che racconta quanto l’audiobook sia importante nelle sue abitudini, e di quanto in America, molto più che in Italia, la gente consumi letteratura ascoltata e non letta.

Per questa ragione, siamo andati a indagare sulla novità segnalata dall’autorevole giornalista di Repubblica. Si tratta dell'acclamato giallista Jeffrey Deaver, rinomato autore di Best-seller, che ha deciso di pubblicare il suo ultimo lavoro, intitolato The starling project, solo in versione audio. Insomma, se cercherete un libro con questo titolo non lo potrete trovare, si è “regrediti” dall’audiobook a qualcosa di simile al radiodramma.

Con questo esperimento di Deaver, due forme di espressione nate in contesti diversi  palesano una somiglianza: si tratta dell'audiobook e del radiodramma appunto: quella forma di teatro da ascolto che vide una piccola fioritura nel nel secondo Novecento in Italia, con autori come Piovene, Respighi, Brecht, e altri notevoli drammaturghi fecero fiorire creando dei piccoli gioielli spesso messi da parte.  La rai ha raccolto celebri radiodrammi di Nino Rota (la notte del nevrastenico) Salvatore Sciarrino (la voce dell'inferno), Berio (Imaginary diary) e Maderna (Don Perlimpin, Portrait of Erasmus e Pages) in un'interessante pubblicazione in collaborazione con la casa editrice die Schlachtel, rendendo omaggio così a una forma di espressione romantica e di grande spessore come il radiodramma del Novecento.

Ma si tratta poi di regressione?  Evidentemente no. Che direbbe il grande teorico dei media, Niklas Luhmann, che ha spiegato il rapporto di ricorsività fra i differenti mezzi di comunicazione? Non solo non è implausibile che i media analogici convivano con il web in relativa armonia ma, per  fare solo un esempio, è addirittura plausibile che internet, sebbene diminuisca le nostre capacità di concentrazione, abbia favorito alcuni aspetti del nostro rapporto con la scrittura, almeno rispetto alla tv. Ciò solo per dire che le strutture mediatiche in cui siamo immersi come bolle, anzi no, come sfere o spume, hanno i loro ricorsi storici e vivono di una complessità che noi nel quotidiano non percepiamo.

E così accade che nel 2014, in piena era ultra-visuale, uno dei più affermati scrittori si produca in un radio-drama, così lo chiama il New York Times, aggiungendo che il lavoro dura più di 4 ore e conta ben 29 voci diverse.  Fin ora non è stato così, tuttavia l’abitudine ad usare audiolibri potrebbe incidere molto di più sulla nostra attitudine alla lettura, di quanto non l'abbia danneggiata, ad esempio, la tv.

Potremmo espandere la nostra cultura in modo infinitamente superiore, riempire i momenti di vuoto che necessitano di essere sfruttati e potremmo godere della letteratura in un modo altrettanto nobile. Gli storici hanno dimostrato che la lettura endofasica – ovvero la lettura in mente- si è affermata solo a partire dall’altomedioevo, e che la lettura ad alta voce è rimasta un usanza assai praticata per secoli: l'audiobook unisce due pratiche così diverse prendendo due aspetti di esse che per motivi differenti ben si conciliano con la nostra modernità.  E cioè il bisogno di ritrovare la concentrazione in momenti dove sarebbe difficile  (su mezzi di trasporto, durante lo sport) e il piacere, senza tempo, di ascoltare una storia.

Insomma: la cultura audiovisuale sembra privilegiare, in alcuni contesti, anche l’audio, e non solo il video. E dispiace,per così dire, che le capacità cognitive che passano attraverso le nostre orecchie non siano sviluppate come potrebbero. Il mercato degli audiolibri non vende molto: vende poco in Italia, un po’di più in America, e tuttavia questa iniziativa di Deaver, considerati i precedenti della sua attività, potrebbe anche  trasformarsi nel primo grande fenomeno audio-editoriale della breve storia dell’audioeditoria.

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