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Kounellis a Roma punta 18 coltelli sui visitatori della mostra

Lame affilate pendono sopra la testa del pubblico alla galleria Giacomo Guidi di Roma per la mostra di Jannis Kounellis, maestro tra i più affermati e influenti della scena mondiale dell’arte.
A cura di Gabriella Valente
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Un brivido di paura ci attraversa, quando passiamo sotto quel lampione fatto di coltelli, alziamo lo sguardo e realizziamo che sopra la nostra testa pendono 18 grandi lame. È quasi minacciosa la nuova mostra di Jannis Kounellis alla Giacomo Guidi Arte Contemporanea di Roma.

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Coltelli dalle lame affilate sono gli emblemi ricorrenti di questa esposizione. Nella sala d’ingresso una tela gialla, delle dimensioni volutamente uguali a quelle de Les Demoiselles d'Avignon di Picasso, è attraversata verticalmente da una trave in ferro alla cui estremità inferiore c’è un grande coltello che sfiora il pavimento con la punta. La sala principale è come racchiusa da un recinto di alte lamiere, addossate alle pareti e poggiate una sull’altra a formare una sequenza ritmica e dinamica. Le misure dei pannelli metallici sono quelle del doppio letto, canone consueto per Kounellis, che evoca una dimensione umana anche negli oggetti inanimati. Sul pavimento, spostato verso un angolo, un ‘coro’ di 12 sacchi di carbone circonda a sua volta un mucchio di carbone libero, come in un dialogo muto, cupo ma luccicante, da cui il visitatore è escluso. Sul fondo della sala, ancora una trave di ferro che unisce pavimento e soffitto. Si tratta di un lampione: all’estremità del braccio orizzontale, la lampadina è circondata e protetta da lunghi coltelli da macelleria che pendono, come sonagli a vento, puntando la lama verso il basso.

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Una ghigliottina, una letterale spada di Damocle, quel lampadario, come nota l’amico e collega di Kounellis, Alfredo Pirri, ricorda ancora Picasso, precisamente un dettaglio di Guernica, dove “i raggi provenienti dalla lampadina accesa prendono la forma di lame solide che si conficcano nel buio della raffigurazione senza riuscire a illuminarla per intero”. Kounellis, affascinato dall’ambiente sotterraneo della galleria romana di Guidi, gioca anche metaforicamente col sommerso, con il rimosso del nostro inconscio, e, sollecitando paura e straniamento, prova a riportare a galla la memoria dei drammi collettivi e individuali.

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Armonia e crudeltà si fondono perfettamente nella messinscena del Maestro: l’esperienza dello spazio è perturbante e poetica, proprio come nei migliori drammi. Questo senso drammatico è per Kounellis un punto di partenza e d’arrivo fondamentale: drammatiche sono le sue fonti d’ispirazione, la cultura classica, i grandi pittori del passato, come Masaccio e Caravaggio; ma soprattutto, rispetto al tempo presente, il dramma è ancora in ogni prospettiva altra, in ogni rivoluzione, in ogni pensiero diverso: “ogni cosa nuova è drammaticamente nuova”. Ecco perché nelle azioni dell’artista, di costruire uno spazio, riempirlo, disporre nuove visioni, creare un immaginario, c’è sempre qualcosa di profondamente e significativamente epico e drammatico.

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Giacomo Guidi, che è ormai solito aver a che fare con i grandi maestri dell’arte contemporanea italiana e internazionale, fino al 12 settembre ospita quindi il lavoro di uno dei più noti, affermati e influenti personaggi della scena mondiale dell’arte dagli anni ’60 ad oggi. Il greco Jannis Kounellis (1936), che da oltre 50 anni ha scelto Roma come sua città d’adozione, è uno di quelli che hanno fatto la storia dell’arte, che l’hanno rivoluzionata, che l’anno segnata in maniera incisiva e indelebile, probabilmente a partire da quando, nel 1969, allestì all’Attico di Sargentini l’esposizione dei 12 cavalli vivi.

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Esponente di spicco dell’Arte Povera, ama definirsi pittore, ma di fatto le sue opere sono installazioni che avvolgono l’osservatore o che con lui dialogano: il desiderio più forte e al contempo il più grande gesto di libertà, per l'artista, fu quello di andare oltre la tela, oltre la cornice, pur senza abbandonare la logica della pittura, al fine di creare uno spazio dialettico e stimolante per il pubblico. Gli elementi eletti a materia prima della sua arte furono, sin dagli esordi, ferro, carbone, fuoco, caffè, stoffa, capelli, mobili, animali vivi, persino persone in carne e ossa.

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C’è, in Kounellis, un recupero della vita, un’identificazione tra l’operazione artistica e l’esperienza: è qui la forza delle immagini create dall’artista greco, autore di un’arte che non rappresenta, ma è. L’energia narrativa dei materiali utilizzati dà senso, storia e vita alle scenografie allestite di volta in volta dal Maestro, caratterizzate sempre da chiarezza e immediatezza emblematiche, a raccontare di assenze, di presenze inquietanti, di memoria perduta, storica o ancestrale. Come prodotto dell’esperienza, ogni immagine porta con sé un carico emozionale notevole, suscitando così nel pubblico una fondamentale reazione emotiva.

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