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Keith Haring in mostra a Milano: colori, forme e simboli di un’arte rivoluzionaria

Sta per iniziare, a Milano, la più importante mostra dedicata allo statunitense Keith Haring: “About Art” farà conoscere al grande pubblico i colori e le forme inedite di un’arte iconica e portatrice di profondi significati.
A cura di Federica D'Alfonso
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Keith Haring
Keith Haring

Martedì 21 febbraio apre a Milano una delle mostre più attese della stagione: “Keith Haring. About Art”, che resterà presso Palazzo Reale fino al 18 giugno. Attraverso cento opere, alcune delle quali inedite e mai viste in Italia, l'esposizione metterà in luce gli aspetti meno conosciuti dell'opera di questo artista visionario, in particolare il suo rapporto con il passato, con la cultura e con gli artisti che lo hanno ispirato. Un ritorno attesissimo e non casuale, quello di Keith Haring in Italia: fu proprio nel nostro paese infatti che ventotto anni fa, prima di morire, Haring dipinse la sua ultima, strabiliante opera.

About Art

Uno stile inconfondibile, quello di Haring: personaggi stilizzati come bambini, cani, angeli, mostri e figure di cartoon partecipano alla coloratissima festa messa in scena dall'artista per raccontare un mondo diverso, nuovo, migliore. La sua iconografia è ormai riconosciuta come una delle più importanti del XX secolo, in quanto attraverso un'arte solo apparentemente infantile ha saputo raccontare molti temi scottanti come razzismo, ingiustizia sociale, apartheid e AIDS.

Tutto questo sarà al centro di “About Art”, ma non solo. Le opere, 110 in totale, saranno affiancate a quelle di autori di epoche diverse: da Pollock a Klee passando per le maschere delle culture del Pacifico e il Rinascimento italiano, attraverso questi riferimenti la mostra si propone di indagare le commistioni stilistiche, la complessità e i messaggi nascosti di un'arte che per la sua apparente semplicità ed eloquenza è divenuta famosa in tutto il mondo.

About Keith Haring

Keith Haring
Keith Haring

Keith Haring muore il 16 febbraio del 1990. Era nato, trentuno anni prima, in Pennsylvania: il critico d'arte John Gruen, autore di un'importante biografia sull'artista, racconta come fin da ragazzo Hering collezioni suggestioni e ispirazioni provenienti dai più svariati ambiti della vita quotidiana, che in seguito compariranno, sotto forma d'arte, nelle sue opere. In particolare i personaggi di Walt Disney prima, e l'incontro con i capolavori della Pop Art di Andy Warhol poi, lasceranno su di lui un segno indelebile.

Durante la sua breve vita Keith Haring fa i più svariati lavori per mantenersi, e fu in una caffetteria dove lavorava come cuoco che espose per la prima volta i suoi lavori. Nel 1977 incontra l'artista Pierre Alechinsky, e finalmente l'anno dopo organizza la sua prima mostra personale: un successo inimmaginabile. Tutto, dai muri abbandonati delle periferie urbane agli spazi pubblicitari ignorati dalla grande metropoli, può trasformarsi in arte per Haring: la città è un laboratorio pubblico, dove la sua immaginazione fonde le suggestioni derivate dall'infanzia, la passione per Pollock, Klee e Warhol e i linguaggi della pubblicità ottenendo una forma d'arte nuova e peculiare, che ben presto diviene famosa in tutto il mondo. Ma improvvisamente Haring si ammala di AIDS, che negli ultimi tempi gli impedirà anche di dipingere. Prima di morire, fonda la Keith Haring Foundation, che si propone tutt'oggi di continuare la sua opera di supporto alle organizzazioni a favore dei bambini e della lotta contro l'AIDS.

L'ultima opera in Italia

Keith Haring, "Tuttomondo", Pisa (fotografia di: Cristiano Dri www.flickr.com/photos/baro/8250168766)
Keith Haring, "Tuttomondo", Pisa (fotografia di: Cristiano Dri www.flickr.com/photos/baro/8250168766)

Con la mostra organizzata a Palazzo Reale questo artista torna in Italia dopo ventotto anni: un ritorno simbolico, ma molto significativo. Fu infatti in Italia che Keith Haring dipinse la sua ultima opera prima di morire: nel 1989 egli realizza “Tuttomondo”, un gigantesco murale di 180 metri quadri situato sulla parete esterna della canonica della chiesa di Sant'Antonio Abate a Pisa. “Uno dei progetti più importanti che io abbia mai fatto” lo definì l'autore, e senz'altro uno dei simboli indiscussi della sua arte.

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