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Kandinsky in mostra a Milano: le forme, i colori e i suoni dell’Astrattismo

Fino al 27 aprile Palazzo Reale racconta Vassily Kandinsky con più di 80 opere in prestito eccezionale dal Centre Pompidou di Parigi.
A cura di Gabriella Valente
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Una mostra monografica come si deve, tutto Kandinsky, solo Kandinsky: inaugurata ieri e visitabile fino al 27 aprile 2014, la retrospettiva presenta nelle sale di Palazzo Reale a Milano oltre 80 opere del padre dell’Astrattismo, a raccontarne il percorso artistico e spirituale con linearità e precisione.

Centre Pompidou - Getty Images
Centre Pompidou – Getty Images

Tutti i lavori esposti provengono dalla collezione del Centre Pompidou, dal fondo Kandinsky del museo parigino, uno dei fondi più consistenti al mondo, arricchitosi grazie alle diverse donazioni avvenute nel corso degli anni, tra cui quella principale della vedova del pittore. Queste opere fondamentali dell’arte di Vassily Kandinsky – su tela, su carta e persino su parete – sono esposte a Milano secondo un ordine cronologico e distinte in 4 sezioni, in un allestimento rigoroso che permette di delineare i periodi principali della carriera dell’artista, di osservarne gli esordi, gli sviluppi e la maturità, consentendo così di assistere magicamente alla nascita dell’Astrattismo.

È il pittore stesso a narrare nei suoi scritti l’episodio decisivo per la nascita dell’arte astratta, secondo il quale un giorno Vassily, appena rientrato in casa, rimase estasiato dalla visione di un quadro: “un quadro di una bellezza indescrivibile, imbevuto di ardore interno”, spiega, “un quadro misterioso di cui non vedevo altro che forme e colori e il cui contenuto mi era incomprensibile”. Si trattava di un suo stesso dipinto appoggiato alla parete sul lato sbagliato. “Seppi così che l’oggetto nuoce ai miei quadri”, scrive l’artista. Sebbene questo evento rechi i tratti dell’illuminazione improvvisa, in verità l’artista giunse all’Astrattismo attraverso un meno radicale cammino che cercò di emancipare la pittura dalla realtà, riuscendo finalmente ad annullare l’oggetto.

Kandinsky, Bleu de ciel (Azzurro cielo) 1940 - © Centre Pompidou, MNAM‐CCI / Service de la documentation photographique du MNAM / Dist. RMNGP © Vassily Kandinsky by SIAE 2013
Kandinsky, Bleu de ciel (Azzurro cielo) 1940 – © Centre Pompidou, MNAM‐CCI / Service de la documentation photographique du MNAM / Dist. RMNGP © Vassily Kandinsky by SIAE 2013

Sono tre le esperienze che condizionano l’attività artistica di Kandinsky ai suoi esordi: le decorazioni popolari delle isbe, abitazioni rurali russe che erano dipinte su ogni superficie; la visione di uno dei Covoni di Claude Monet, che lo folgorò per il quasi disfacimento del soggetto; infine la messinscena del Lohengrin di Wagner, che gli fece scoprire la forza pittorica dei suoni. Dunque, le tappe del pittore furono varie: dagli studi in giurisprudenza alla pittura figurativa di piccoli paesaggi tardoimpressionisti; dalle tavole naïves su temi folclorici e popolari ai dipinti in cui il paesaggio inizia ad astrarsi dalla realtà attraverso colori accesi e immagini piatte. Infine è in una fase matura che si giunge ai colorati dipinti totalmente astratti e svincolati dal reale, i dipinti del Kandinsky più noto, dove fluttuano in uno spazio senza gravità forme più o meno geometriche, che diventeranno poi, sotto l’influenza di Mirò e gli altri surrealisti, delle gioiose figurine biomorfe. La mostra di Palazzo Reale presenta tutte le fasi di questo cammino e “consente di percepire allo stesso tempo la leggerezza e la complessità del maestro moscovita. Una complessità estetica che è anche complessità storica: in lui c’è tutta l’identità europea”.

Il maestro infatti, nato a Mosca nel 1866, si trovò a vivere, con i suoi continui trasferimenti, tutte le tragedie dell’Europa del tempo: andato a Monaco per studiare arte, fu costretto a fare ritorno in Russia allo scoppio della Prima Guerra Mondiale; ma, non ben visto dal regime bolscevico, si rifugiò in Germania, accolto a lavorare al Bauhaus; dopo poco, bollato come comunista dai nazisti, lasciò la Germania e si trasferì vicino Parigi; lì morì nel 1944, prima di poter vedere la fine della Seconda Guerra Mondiale. Di questi estremi disagi Vassily non lascia traccia nella propria opera pittorica, perché quest’ultima deve guardare al di là del mondo e del tempo e salvare il reale dalla distruzione cui altrimenti è destinato. Bisogna “vivere interiormente lo spirituale nelle cose materiali e astratte”: è questo il fulcro del pensiero kandiskiano, che il pittore elabora nel suo più celebre scritto Dello spirituale nell’arte, dove inoltre espone le idee sull’arte totale e le teorie sui rapporti tra forma e colore e tra colore e suono, che sono alla base dell’astrazione.

Così, per l’artista, poiché i colori acuti vengono esaltati se accostati a forme acute, e i colori profondi si intensificano se accostati a forme tonde, il giallo sarà associato al triangolo, mentre il blu al cerchio, nel tentativo di creare una misteriosa armonia che, pur non rappresentando nulla di reale, riesca a comunicare. Ancora più interessanti sono i passaggi in cui Kandinsky esemplifica il rapporto tra musica e pittura, passaggi in cui associa ad ogni colore un suono e uno strumento musicale, creando così un’ideale orchestra di colori: il blu sviluppa l’elemento della quiete, ma se affonda verso il nero acquista una tristezza disumana; il blu scuro suona come un violoncello o, se cupo, un contrabbasso; il verde somiglia al violino, il viola al corno inglese o al fagotto, mentre il nero, “come un eterno silenzio senza futuro e senza speranza risuona interiormente” e “può essere rappresentato musicalmente come una pausa conclusiva”.

Immagine principale: Vassily Kandinsky, Gelb‐Rot‐Blau (Giallo‐Rosso‐Blu), 1925. Olio su tela, cm 128 x 201,5. Donazione Nina Kandinsky, 1976. Philippe Migeat ‐ Centre Pompidou, MNAM‐CCI © Centre Pompidou, MNAM‐CCI / Philippe Migeat / Dist. RMN‐GP © Vassily Kandinsky by SIAE 2013

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