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Joyce torna in libreria con una raccolta di dieci inediti

L’autore di “Ulisse” torna nelle librerie con una raccolta di dieci brevi racconti a carattere mitologico ritrovati in Irlanda da Denise Rose e pubblicati qui da noi da Gallucci con la traduzione di Ottavio Fatica. Un evento salutato dalla critica come una delle scoperte letterarie più importanti del secolo.
A cura di Andrea Esposito
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Presentata da Denise Rose, accademico d’Irlanda e noto studioso di Joyce, come una delle più significative scoperte letterarie degli ultimi decenni, “Finn’s Hotel” è un raccolta di dieci brevi racconti, che lo stesso Joyce definiva “epiclets”, che sta per “little epics”, vale a dire, pezzi serio-comici che spaziano da episodi tratti dalla mitologia alla storia d’Irlanda, dalle leggende di San Patrizio a quelle di Tristano e Isotta.

Lo scorso anno in Irlanda sono stati pubblicati in raccolta dalla casa editrice Ithys Press in un’edizione a tiratura limitata, riservata ai bibliofili, disponibile nella versione lusso (al costo di 2.500 euro) e numerata (a “soli” 350 euro) con illustrazioni di Casey Sorrow, eccentrico disegnatore americano, e con una postfazione di Seamus Deane, poeta e scrittore irlandese. In realtà, il curatore Denise Rose aveva intenzione di pubblicare sette dei dieci racconti già nel 1992, ma si era dovuto scontrare con la fondazione che fino a due anni fa gestiva i diritti d’autore del grande dublinese. Oggi, che essi sono diventati di pubblico dominio, e per di più avendo “scoperto” altri tre racconti solo pochi anni fa, Rose ha potuto realizzare il suo desiderio regalando a tutti la possibilità di leggere degli inediti di grande valore.

Ma la notizia di queste settimane, che una volta tanto ci rende orgogliosi dell’Italia, è quella che una giovane casa editrice romana, Gallucci editore, ha pubblicato il volume al modico prezzo di tredici euro, (6,99 in e-book) peraltro con la traduzione di un fuoriclasse come Ottavio Fatica, il che conferisce un marchio di assoluta qualità all’intera operazione: per un autore come Joyce è cosa assolutamente necessaria dato che le sua incomparabile genialità si esplica proprio nei giochi linguistici e nelle prodezze fonetiche.

Più in generale, questa pubblicazione data la sua fisionomia (dieci brevi racconti) e dato il tono complessivo (serio-comico) può rappresentare un validissimo mezzo di avvicinamento ai grandi romanzi joyciani come “Ulisse” o “Gente di Dublino”, certamente più ostici e meno ammiccanti, in particolare per i giovani lettori. Mentre, per coloro che sono già addentro alla sua poetica, risulterà comunque un ottimo strumento per indagare l’origine delle voci multi-modulate di “Finnegans Wake” che trovano in alcuni di questi racconti la propria origine.

Già, perché “Finn’s Hotel” è stato scritto proprio a cavallo tra “Ulisse” e l’ultimo romanzo di Joyce, vale a dire tra il 1922 e il 1939 ed è secondo l’opinione del curatore un’opera autonoma, concepita per essere una raccolta di racconti indipendente lasciata semplicemente nel cassetto e non, come ha ipotizzato qualcuno, uno studio o un vero e proprio preludio a “Finnegans”. Una possibile riprova del carattere “intimo” e personale di questi racconti ci viene dal titolo, “Finn’s Hotel”, il nome dell’albergo dove aveva lavorato la moglie dell’autore, Nora, a cui forse sono dedicati.

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