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Jo Squillo col niqab al GF Vip, l’attivismo performativo che non serve a nessuno

Jo Squillo che mette il niqab durante la diretta del Grande Fratello Vip per solidarizzare con le donne afghane e dopo pochi minuti lo sveste esausta è attivismo performativo di cui nessuno sente il bisogno. Chi pensa che nei reality sia tutto preparato però sbaglia, se così fosse queste cose sarebbero evitate.
A cura di Daniela Collu
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Alcuni la definiscono provocazione, altri strumentalizzazione, alcuni solidarietà, altri invece puntano su “eh ma nei reality show tutto è deciso a tavolino”, ma di certo vedere Jo Squillo che nella terza puntata del Grande Fratello Vip si presenta completamente coperta da un niqab non lascia indifferenti. “Anche in un momento così di gioia e di leggerezza è chiaro che noi donne, e anche gli uomini, non possiamo dimenticare e creare degli atti di solidarietà per le sorelle di Kabul” ha detto a un immediatamente commosso e partecipe Alfonso Signorini che ha fatto partire un applauso mentre gli altri inquilini della casa si alzavano in piedi per sottolineare il gesto.

Peccato che meno di due minuti dopo sempre lui l’abbia invitata a togliersi quello che è stato erroneamente definito un burka, perché “Mica posso vederti tutta la puntata così, mi fai impressione” mentre la cantante e conduttrice si diceva esausta per averlo indossato per quei pochi istanti. Non si fa in tempo a travestirsi da sensibili alle cause e ai diritti civili che subito ci si smaschera da soli: si chiama attivismo performativo, dura a volte il tempo di un hashtag, di una foto nera sul feed di Instagram, di una pantomima irrispettosa in TV. Serve, il più delle volte, a pomparsi l’ego pensando di essere migliori di altri, soprattutto se si usa la propria visibilità a fini nobili, e di sicuro a lavarsi la coscienza, tentando di portare al “grande pubblico” le piccole storie tristi dei più sfortunati.

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L’effetto è imbarazzante, oltre ogni sfumatura del termine. Lo è perché mette in imbarazzo la persona che lo compie, che rivela un esibizionismo spicciolo e pretestuoso, lo è perché anche chi dovrebbe essere investito di quella solidarietà e attenzione si trova banalizzato e appiattito in cinque minuti di notorietà di massa, lo è perché ci ricorda quanto siano pochi gli ambiti e le occasioni in cui si parla seriamente di questioni del genere. Sarebbe bastato ragionare per capire che non era il contesto giusto, che Signorini non sarebbe stato un interlocutore all’altezza di questo dibattito (e sono stata gentile), che – senza nulla togliere al rivendicato passato femminista di Jo Squillo – altre e altri avrebbero potuto affrontare la questione afghana, per bloccare la più giusta delle intenzioni prima di un momento di così brutta televisione. Dice “nei reality è tutto preparato” e la mia unica risposta è “magari, signora mia, magari”.

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Classe 1982, è conduttrice televisiva, speaker radiofonica e influencer. Guidata da una curiosità onnivora e da un'innata vocazione comunicativa, dopo la laurea in Storia dell'arte si avvicina alla radio e alla televisione. Ha presentato StraFactor su SkyUno, The Real su TV8, ha partecipato a Sbandati su Raidue e condotto programmi radio su Rai Radio Due e RTL 102,5. Ha scritto su riviste online e cartacee (da Donna moderna a Vice). Ha pubblicato due libri, Volevo solo camminare (2019) e Un Minuto d’Arte (2020), entrambi con l’editore Vallardi e “Perché no?” (2021) con Mondadori.
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