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Jean Dubuffet in mostra a Basilea: un coro di colori, un viaggio oltre i confini dell’arte

“L’arte non viene a coricarsi nei letti preparati apposta per lei, fugge via non appena si pronuncia il suo nome. Ciò che ama è l’incognito, i suoi momenti migliori sono quando si dimentica come si chiama”. Una delle dichiarazioni più emblematiche della poetica di Jean Dubuffet. Resterà fruibile fino all’8 maggio la prima rassegna allestita in Svizzera “Metamorfosi del paesaggio” che celebra l’artista negli spazi della Fondazione Beyeler.
A cura di Silvia Buffo
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jean dubuffet
"Mire" – Jean Dubuffet, 1942

La grande mostra "Jean Dubuffet-Metamorfosi del paesaggio", che già nei primi mesi ha visto una forte partecipazione, è il grande omaggio di Basilea al pittore e scultore francese scomparso nel 1085, tra i grandi esponenti dell'arte nel panorama del secondo dopoguerra, il suo più grande merito di aver reinventato l'arte, spingendosi oltre i suoi confini. Stupefacente la sua arte ma anche sfaccettata come si evince dall'esposizione che offre al pubblico tutte le fasi creative che scandiscono la carriera dell'artista.

L'arte di Dubuffet è influenzato da autori outsider, così come dal linguaggio formale, dai mondi infantili e dagli artisti emarginati. Un intrigante iter espositivo integrato di approfondimenti: oltre 100 opere illustrano raccontano l'estro di un artista che ama sovvertire gli schemi e di anticipare le atmosfere della contemporaneità, come si riscontra in molti artisti della Street Art che a lui si sono ispirati, tra cui David Hockney, Jean-Michel Basquiat, Keith Haring e Ugo Rondinone. 

Alla fine della seconda guerra mondiale visitò ospedali psichiatrici di Berna e Ginevra, e dopo aver studiatogli illuminanti lavori dei pazienti elaborò il concetto di Art Brut. Partendo dall'originale concezione che l'artista aveva del paesaggio come immagine mentale, la rassegna della Fondazione Beyeler evidenzia la modalità in cui Dubuffet riesce a modificare questo soggetto, tra i più tradizionali della pittura e lo trasforma in corpo, viso e oggetto e a rendere paesaggi viventi il ritratto, il nudo femminile o la natura, continuando a sperimentare anche attraverso l'uso di materiali poco consueti come sabbia, ali di farfalla, spugne e scorie.

Dubuffet può definirsi un anticonformista dell'arte, non ha mai avuto paura di osare e di demolire i canoni correnti. Tra i lavori in mostra anche il ciclo più onnicomprensivo di Dubuffet, che l'artista battezza con un neologismo polisemico di sua invenzione, L'Hourloupe, realizzato tra il 1962 e il 1974. Queste opere sono state generate  dall'intreccio di scarabocchi casuali con la penna a sfera durante le telefonate, comprendono tele, lavori grafici, sculture e installazioni scultoree, architettoniche e teatrali. Il loro vertice più alto è rappresentato da Coucou Bazar, l'opera d'arte totale che fonde mirabilmente pittura, scultura, teatro, danza e musica insieme ad affascinanti costumi animati.

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