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Ischia Film Festival: la magia del cinema al Castello Aragonese

Una due giorni a Ischia per l’undicesima edizione dell’IFF, il festival dedicato alle location che si svolge ogni anni nella cornice suggestiva del Castello Aragonese.
A cura di Andrea Esposito
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Giunto alla sua undicesima edizione, l’Ischia Film Festival prosegue tenacemente la sua attività di valorizzazione delle location e dell’identità culturale dei territori, una mission inusuale che rende questo festival un caso pressoché unico nel panorama nazionale e internazionale. Per di più, all'interno della manifestazione si svolge, ogni anno, la BILC (Borsa Internazionale delle Location e del Cineturismo), un convegno tra esperti di economia del turismo, co-marketing e operatori delle film commission regionali.

Ma la magia dei luoghi del cinema non fa soltanto da sfondo alle opere in concorso bensì all’intero festival che ha sede, da ben undici anni, nel Castello Aragonese, uno dei luoghi più straordinari dell’isola verde e forse dell’intera regione.

"Ci sono paesaggi, siano essi città, luoghi deserti, montani o tratti costieri che addirittura reclamano a gran voce una storia. Essi non evocano le loro storie, le creano."
(Wim Wenders)

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Il Direttore Artistico Michelangelo Messina ci guida attraverso le quattro sale di proiezione, allestite nei piazzali e nelle terrazze del castello, raccontandoci la genesi di questa manifestazione: “Sembra ieri che, impugnata una penna, cominciavo ad abbozzare sulla mia Moleskine l’idea di premiare quelle produzioni che riescono a valorizzare un luogo, la sua storia, i suoi paesaggi ma soprattutto la sua identità più autentica. Con l’entusiasmo di un bambino ho inseguito quel sogno nella piena convinzione di poterlo realizzare. Guardando le foto di questi dieci anni mi rivedo accanto a personaggi che hanno fatto la storia del cinema donando la loro preziosa presenza al festival e al suo pubblico”. E in effetti sfogliando il catalogo della manifestazione vediamo ritratti negli “incontri” col pubblico, che si svolgono alla Cattedrale dell’Assunta, registi come Mario Monicelli, Abel Ferrara, Krzysztof Zanussi, Giuliano Montaldo, Carlo Lizzani, Luciano Emmer ma anche Sir Ken Adam (lo scenografo di molti film di Stanley Kubrick), Vittorio Storaro, dallo scorso anno Presidente onorario del Festival, e alcuni tra i più interessanti registi italiani emergenti a cui il festival ha dato spazio in questi anni: Francesco Patierno, Giorgio Diritti, Vincenzo Marra, Costanza Quatriglio, Leonardo Di Costanzo.

Proprio quest’ultimo, reduce dal successo internazionale de “L’intervallo”, è uno degli ospiti di quest’edizione: di solito nessuno è profeta in patria ma in questo caso Di Costanzo, ischitano doc, viene accolto con grande calore dal pubblico. In platea c’è anche il sindaco di Barano, il suo comune natio, venuto a consegnargli insieme al Direttore Messina un premio speciale. Il regista, nel corso dell’incontro, si sofferma sul valore che la location assume nel suo cinema dato che, come ama precisare, lui nasce come documentarista: “I luoghi in cui scelgo di girare i miei film, di ambientare le mie storie, sono dei veri e propri personaggi. Talvolta sono i protagonisti stessi del film. L’intervallo è stato quasi interamente girato in un ex manicomio abbandonato (Leonardo Bianchi di Capodichino n.d.r.) e in parte nel vecchio mercato ortofrutticolo di Gianturco. In generale sono dei luoghi fuori dal tempo che segnano per l’appunto un ‘intervallo’ nelle vite dei protagonisti”. Il regista poi si sofferma sulla fotografia realizzata dal sempre-bravo Luca Bigazzi che, in accordo con Di Costanzo, ha scelto di non utilizzare luci aggiuntive: “Per non disturbare i due protagonisti che essendo non attori, potevano essere distratti dall’apparato tecnico ridotto al minimo: una macchina sempre in spalla e niente luci”. Inoltre, ricorda che per scegliere i due ragazzi (Francesca Riso e Alessio Gallo) hanno visto diverse centinaia di aspiranti attori: “un lavoro molto lungo e paziente fatto interamente in teatro, anche dopo la fine dei casting”.

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Il secondo incontro a cui abbiamo preso parte è quello, molto atteso al Festival, con Abbas Kiarostami, intervistato dal critico Boris Sollazzo. Kiarostami è stato accolto tra gli applausi e ha parlato a lungo del suo film “Qualcuno da amare”. Non ha eluso la domanda sul perché, da tempo, non gira in Iran (“Copia conforme” è ambientato in Italia, quest’ultimo in Giappone). “I motivi sono tanti e certamente tra essi c’è anche il fatto che in questo momento storico non è facile fare cinema in Iran. Ma non è solo quello, visto che le cose si evolvono. Dobbiamo uscire fuori dagli schemi, dai confini geografici e politici: siamo cittadini del mondo ed è proprio il cinema a insegnarcelo”. Una lezione che ha imparato fin da piccolo. “Vedevo i personaggi dei film americani ma non li sentivo vicini, non mi riconoscevo nei loro sentimenti. Il primo personaggio che mi ha colpito nel cinema, so che è difficile crederlo, è stato Totò. Avevo tra i diciassette e i diciotto anni ed ho visto in Totò un parente, uno zio. Ho amato molto anche Sofia Loren! In generale devo molto al cinema italiano”. Kiarostami, in chiusura, ha anche rivelato che il suo prossimo film sarà ambientato di nuovo in Italia, per la precisione in Puglia. “La protagonista sarà Isa Barzizza, un’attrice che ha lavorato proprio con Totò. Non ho mai potuto dirigerlo, ma avrò il privilegio di farlo con chi l’ha conosciuto”.

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