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Intervista a Manuel Agnelli: “La tv mi ha stravolto la vita, ora porto Bowie a teatro”

Manuel Agnelli sta portando in giro l’opera rock di David Bowie. A Fanpage il cantautore ha parlato di teatro, del cantautore e di come non si finisce mai di imparare.
A cura di Francesco Raiola
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Manuel Agnelli in scena (ph Fabio Lovino)
Manuel Agnelli in scena (ph Fabio Lovino)
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Manuel Agnelli è in giro per l'Italia come protagonista del tour di Lazarus, l’ultima opera di David Bowie, che scrisse insieme al drammaturgo irlandese Enda Walsh, e adattata in italiano da Walter Malosti. Una nuova avventura per Agnelli – che interpreta il ruolo di Newton, l’alieno caduto sulla terra -, protagonista della musica italiana di questi ultimi anni con gli Afterhours e da solista e ormai volto televisivo grazie agli anni passati come giudice di X Factor. Questa a teatro è una nuova sfida per il cantante e musicista che a Fanpage.it ha raccontato il teatro, il suo rapporto con David Bowie, l'idea di un testamento artistico da lasciare quando si muore e del prossimo live.

Com'è stata questa prima volta in teatro con questo tour importante e lungo?

È stata divertente anche perché ormai il palco, per me, è abbastanza casa. Quando provo un'emozione sono abbastanza bravo a convertirla in tensione espressiva, anzi se non mi emoziono rendo meno, in tutti i sensi, anche quando suono. È chiaro che era un ambito completamente diverso dal solito, però abbiamo fatto delle prove che per noi sono sconosciute: io ho provato per un mese, che sembra poco, ma in realtà per noi musicisti è un tempo eterno, non proviamo mai per tutto questo tempo prima di un tour, quindi ho avuto tempo di guadagnare un po' di sicurezza. È stato da subito molto divertente.

Il palco lo conosci bene, appunto: qual è stata la parte più complessa di quest'esperienza?

La parte più complessa è stata imparare a memoria il testo, che per un attore è l'abc, la base; anche per quel che riguarda le canzoni, per esempio, ne so talmente tante – ormai sono centinaia – che persino per le mie mi faccio mettere dei monitor sul palco, perché ogni tanto ho i bianchi, canto e mi dico: "Qua cosa devo dire?", poi però apro la bocca e mi esce quello che devo dire. Chiaramente in teatro non mi potevo permettere di avere il monitor con il testo, quindi ho dovuto per forza imparare bene a memoria le parti perché non avrei avuto scappatoie. E devo dirti che questa cosa mi ha permesso di vivere, col tempo, il personaggio, la storia e la situazione con maggior profondità perché non sono preoccupato da quello che devo fare, sono più concentrato sul vivermi davvero emotivamente quello che sto facendo. Mi ha aiutato molto, è un sistema che userò anche nella musica.

A proposito dello spettacolo, hai parlato di un cerchio che si chiude, che rapporto avevi con David Bowie?

È un cerchio che si chiude perché per me Bowie è sempre stato un grandissimo punto di riferimento, non solo musicale ma anche attitudinale: su come trattare la propria figura, su come essere credibili senza essere presuntuosi e su come dire la verità, come dirlo anche pubblicamente. E poi sul mantenere il mistero, che è la cosa che oggi manca di più, perché Internet l'ha spazzato via completamente: secondo me questo alimentare il mistero era parte della funzione di quel personaggio, di quel momento, di quell'epoca ed è una cosa che mi è rimasta dentro, che mi manca tantissimo.

Hai detto che alla tua età questa esperienza è stata un modo per rinnovarti.

Non si finisce mai di imparare, non si finisce mai di provare a rinnovarsi. Io ho avuto la grossa fortuna di andare televisione a 50 anni e quindi di stravolgere la mia vita letteralmente a un'età abbastanza avanzata. È molto difficile cambiare così radicalmente anche il punto di vista sulle cose, sulla gente. Io ho cambiato molto il mio punto di vista sulla gente, sono sempre stato un grande misantropo, ma ultimamente invece voglio stare fra la gente, ho sempre più voglia di stare in mezzo alla gente, il cambiamento e la ricerca non finiscono mai. Il teatro è un altro step, è molto diverso da tutto quello che ho fatto fino a ora, per fortuna è un teatro musicale per cui comunque ho degli appigli che mi fanno sentire abbastanza sicuro, però mi è venuta voglia di imparare a farlo.

Manuel Agnelli e Valter Malosti (ph Laila Pozzo)
Manuel Agnelli e Valter Malosti (ph Laila Pozzo)

C'è una canzone particolare di Bowie che ami cantare?

Five Years è stata la prima canzone che ho ascoltato, che questo mio amico mi ha fatto ascoltare e quindi mi è rimasta, ce l'ho nell'immaginario, mi piacerebbe molto cantarla. Mi piace molto il timbro di voce di Bowie e in qualche modo abbiamo una tessitura vocale non troppo dissimile, per questo non devo imitarlo, ma riesco a essere abbastanza credibile nel cantarlo. Five Years potrebbe essere quella canzone.

Questa esperienza teatrale ti ha dato lo spunto per pensare a qualche altra cosa nel campo?

Mi piacerebbe continuare a farlo, poi bisogna vedere se c'è qualcun altro a cui piacerebbe vedermi sul palco e questo non è un particolare di poco conto.

Bowie ci ha lasciato un testamento artistico che ha pubblicato due giorni prima di morire. Che ne pensi dell'idea di lasciare un testamento artistico pensato in vita sapendo di dover morire?

Ne penso molto bene. Penso che sia un modo per rendersi protagonisti della propria morte, e lui l'ha fatto in una maniera molto naturale, molto poetica. Mi piace l'idea del passaggio d'energia, mi è sempre piaciuta. Io sono ateo, però mi piace pensare che ci sia un passaggio di energia e quando è morto mio padre l'ho sentito fortemente. È stato molto bello, molto incoraggiante che Bowie ci abbia lasciato un segno, secondo me, d'amore per il mondo.

Anche tu non ti sei tirato indietro riguardo l'argomento: Folfiri o Folfox era anche un album sulla fine…

Ho avuto non proprio una vita tranquilla, ho già visto la morte tante volte: prima di mio padre anche molti dei miei amici sono morti e alcuni li ho visti morire. Come tuo padre, però, penso che non ci sia nessuno. Io questo mondo senza di lui non ero abituato a vederlo e quindi è una cosa veramente devastante. Però non possiamo che essere esterni a questa cosa, è la loro morte, quindi c'era anche questa cosa per me, il fatto di dover avere uno sguardo per forza esterno, che in un certo senso è una violenza. Quando la cosa ti riguarda così direttamente, perché è proprio una questione d'amore ti insegna anche tanto: ti fa crescere e ti insegna soprattutto il fatto che su certe cose il controllo non lo puoi avere.

E per quanto riguarda il tour musicale?

Alla fine di Lazarus voglio fare anche un tour mio con la band che mi ha accompagnato nel tour del mio disco, quindi ci sono i due Little Pieces of Marmelade, Beatrice Antolini alle tastiere, Giacomo Rossetti al basso. Giacomo, fra l'altro, fa parte anche della band di Lazarus, per cui me lo sono un po' portato dietro. Voglio fare poche date, però le voglio fare, ho voglia di suonare dal vivo, tantissimo.

E con te, in Lazarus, hai portato Casadilego…

È una via di mezzo, diciamo che era una delle idee, l'ho subito approvata, però poi è stata la produzione a contattarla e a volerla portare, non voglio attribuirmi meriti che non sono miei, sono felicissimo che ci sia e sta facendo un grandissimo tour. È uno dei modi in cui lei si potrebbe veramente reinventare in un paese che non potrebbe riuscire a gestire il suo talento. Diciamo che il musical, l'opera rock o comunque il teatro musicale potrebbero essere una buona strada per lei, oppure se ne deve andare e diventare un'altra eccellenza che se ne va all'estero. Lei ha un fidanzato inglese, quindi potrebbe anche pensare di andare là, forse le conviene.

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