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Incendio villa di Faragola, siamo un Paese senza futuro se bruciamo il nostro passato

Secoli di storia e anni di scavi mandati in fumo in pochi minuti da una probabile mano criminale. Ma le responsabilità sono di un Paese cinico, abbindolato dalla retorica della cultura come petrolio e dalla mancanza di rispetto per l’archeologia e i suoi studiosi.
A cura di Redazione Cultura
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Quattordici anni di scavi archeologici e secoli di storia andati letteralmente in fumo in pochi minuti. È quanto accaduto alla villa romana nel sito archeologico di Faragola, in provincia di Foggia, per un incendio che tutti gli indizi, al momento, portano a considerare doloso. Non sarà mai abbastanza la vergogna e il dolore per quanto accaduto nei pressi di Ascoli Satriano nella notte tra il 6 e 7 settembre. Anche perché un Paese che lascia andare in fumo il suo patrimonio archeologico è un paese che sta bruciando il suo futuro.

Stiamo bruciando il nostro futuro perché abbiamo fatto di quel luogo una "terra di nessuno" dove, se fosse confermato quanto sostiene l’archeologo Giuliano Volpe, secondo cui sarebbero stati usati degli esplosivi, avremmo permesso a dei criminali di entrare in quel luogo per disseminare del materiale incendiario impunemente e senza nessun controllo.

Stiamo bruciando il nostro futuro perché per l'archeologia (e per gli archeologi) in questi anni non abbiamo fatto abbastanza, perché non li consideriamo importanti per lo sviluppo del nostro Paese. Precarietà, mancanza di fondi, progetti che vanno avanti a singhiozzi. Soprattutto in tutti quei piccoli e medi siti che non attraggono milioni di turisti, che non sono sempre al centro delle cronache, che non sono il mainstream archeologico. Invece l'archeologia è tutta importante e bisogna volerle bene, perché il segno di ciò che siamo stati, è la nostra comunità che si tramanda in maniera viva, attraverso pietre, reperti, ambienti. L'archeologia ci fa uomini ogni giorno, ci rende quel che siamo, non è un'inutile passione dal vago sapore polveroso.

Stiamo bruciano il nostro futuro con la retorica della cultura come "petrolio italiano" a fronte di atti concreti che vanno in tutt'altra direzione. Vi sembra che la villa di Faragola fosse stata sorvegliata come avremmo fatto con una trivella che tira sù il petrolio?

E, infine, stiamo bruciando il nostro futuro perché si è ormai insinuata tra la gente la cinica idea che che ci sia un eccesso di archeologia, che non tutto può essere salvato, a qualcosa dobbiamo pur rinunciare. Per occasioni come quella che si è tragicamente verificata in provincia di Foggia, il cinismo italiota più becero ha già pronta la sua risposta: non tutto può essere salvato. Infatti, è vero. La storia dell'umanità è costellata di ciò che abbiamo perso, sarebbe impossibile preservare tutto.

Eppure, cari cinici, qui parliamo di qualcosa di diverso. Parliamo di qualcosa di importante da salvare, parliamo di un lavoro che in questi ultimi tre lustri aveva portato alla luce il settore termale e una lussuosa sala da pranzo, oltre ad una fornace per la produzione di laterizi di una villa romana. Parliamo del fatto che una probabile mano criminale ha dissipato in pochi minuti tutto questo. Parliamo del fatto che bisogna avere più cura del nostro passato, altrimenti non avremo più nessun futuro.

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