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Il teatro secondo Arturo Cirillo (VIDEORITRATTO)

L’attore e regista Arturo Cirillo si racconta a tutto campo partendo dal suo rapporto con la tradizione, dall’esperienza nella compagnia di Carlo Cecchi fino all’approdo alla regia.
A cura di Andrea Esposito
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Abbiamo incontrato Arturo Cirillo in occasione del passaggio a Napoli, al Teatro Nuovo, dello spettacolo “Lo zoo di vetro” di Tennesse Williams, dove oltre a firmare la regia è in scena insieme con Milvia Marigliano, Monica Piseddu ed Edoardo Ribatto.

L’attore e regista stabiese ci ha spiegato il suo rapporto con la tradizione “che per me è un qualcosa da reinventare attraverso l’immaginazione. Non credo in operazioni filologiche” e con il suo Maestro, Carlo Cecchi: “I dieci anni nella compagnia di Cecchi sono stati molto importanti. In lui convivono due anime, due approcci molto diversi, da un lato quello che si potrebbe definire da capocomico, imparato al fianco di Eduardo; dall’altro un modo di lavorare con gli attori più vicino all’avanguardia, alle forme del Living Theatre”.

La seconda parte del videoritratto è invece dedicata alla scelta di diventare regista oltre che attore “che è stata dettata dalla necessità perché – prosegue Cirillo – io non riesco a non essere dentro a uno spettacolo che dirigo. Anche durante le prove quando magari sono seduto in platea e do le indicazioni agli attori, poi una volta che salgo sul palcoscenico mi accorgo della stupidità di alcune mie richieste o comunque mi rendo conto di quali sono realmente le loro difficoltà e quindi riesco a guidarli meglio”. Infine gli abbiamo chiesto di spiegarci la relazione tra parola e danza, dato che Cirillo da ragazzo ha studiato per molti anni danza classica: “Per me la parola nasce sempre dal movimento del corpo e in questo il napoletano mi ha molto aiutato, anzi direi che mi ha salvato. Il napoletano, contrariamente all’italiano, è una lingua sedimentata nel corpo ed è di grande aiuto per un attore”.

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