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Il successo della New York Public Library è la prova che le biblioteche sono importanti

Dal film in concorso alla Mostra di Venezia del maestro Frederick Wiseman sulla New York Public Library, riparte il dibattito sul ruolo delle biblioteche e sulla loro importanza in un’era digitale. Il confronto con la situazione italiana è impietoso.
A cura di Redazione Cultura
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L'eterno ragazzo del cinema del reale, Federick Wiseman, non si è lasciato sfuggire una battuta sferzante su Donald Trump, durante l'incontro con la stampa alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia, per la presentazione del suo "Ex Libris: The New York Public Library. A chi gli ha chiesto della ipotetica biblioteca del Presidente Usa, ha risposto: "Probabilmente sarebbe composta esclusivamente da centomila copie della sua autobiografia (The Art of the Deal)".

Ma più delle argute battute, ciò che insegna il suo film è che le biblioteche, a maggior ragione in un'epoca digitale come quella in cui viviamo, sono importanti, anzi, verrebbe da dire fondamentali per la costruzione non solo della cultura personale, ma per i percorsi di emancipazione sociale e di creazione di senso di comunità tra gruppi, minoranze, popolo.

"Ex Libris: The New York Public Library" è un documentario di circa tre ore che racconta, alla maniera del già Leone d'oro Wiseman, come è cambiata la biblioteca nell'epoca del digitale. Soprattutto intende far sapere come una biblioteca oggi, tanto più quella di New York che è una delle più grandi al mondo, non sia affatto solo libri.

New York Public Library: un tesoro con 16 milioni di libri

Anche se i libri continuano ad avere un ruolo enorme. La NYPL, infatti, è la terza più grande biblioteca dell'America del Nord. È gestita privatamente, da una associazione senza scopo di lucro con una missione pubblica, che opera sia con finanziamenti pubblici che privati. Fa parte della top five delle biblioteche USA, insieme alla Biblioteca del Congresso, la Boston Public Library, e le biblioteche universitarie di Harvard e di Yale per valore del patrimonio librario e architettonico.

Vero e proprio monumento, con oltre 90 sedi distribuite in tutto lo stato di New York, si tratta di una istituzione culturale enorme, che utilizza finanziamenti pubblici e privati, in un mix di interventi culturali, solidali e di promozione sociale che dovrebbe ispirare l'asfittico modello europeo e, soprattutto, quello italiano.

Attualmente, nella galassia di biblioteche che compongono la NYPL, sono quattro le sedi specializzate da cui non è possibile prendere libri in prestito, quattro quelle principali che prestano i volumi, una biblioteca per i non vedenti e diversamente abili, e 77 biblioteche suddivise nelle filiali degli altri quartieri. La biblioteca conteneva oltre 44 milioni di articoli, tra libri, dvd, vhs e mappe. All'incirca 16 milioni i libri. Dal 2016 sono state rese disponibili per la consultazione 180mila documenti tra mappe, manifesti, manoscritti, spartiti, disegni, fotografie, lettere, testi antichi messi a disposizione del pubblico in versione digitale.

E le biblioteche in Italia?

Sembra quasi pleonastico dirlo, ma in Italia – sede di alcune delle più antiche, importanti e prestigiose biblioteche del mondo – la situazione in confronto è disastrosa. Zero investimenti pubblici, impossibilità di usare quelli privati (per farci cosa?). Le nostre biblioteche, tranne alcune eccellenze, hanno orari poco inclini ad accogliere, chiudono presto, non hanno servizi, sono prive di quell'orizzonte minimo multimediale che caratterizza, invece, la biblioteca newyorchese.

Per non parlare di quelle scolastiche, dove gli ultimi dati ci dicono che il patrimonio di libri in cinque anni si è notevolmente impoverito, i fondi per progetti che puntano alla digitalizzazione scarseggiano e, perdipiù, si sprecano soldi in campagne come #ioleggoperché totalmente inutili dal punto di vista dell'impatto sui lettori.

In poche parole, le biblioteche italiane, oggi, sono il luogo dove lavorano i bibliotecari e non dove ci vanno le persone, gli studenti, gli studiosi. Gli Usa sono un caso a sé, ma nemmeno tanto eccezionale. Basta osservare le fiumane di persone all'apertura delle biblioteche inglesi o francesi. Eppure dal nostro patrimonio librario, ancor più se usato con una visione da ventunesimo secolo, ci sarebbe da tirar fuori, in termini di socialità ma anche di ricerca, ben più di quanto accade in questi straordinari esempi stranieri, come la New York Public Library che ci ha raccontato Federick Wiseman.

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