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Opinioni

Il paese dei Briatore

Dopo le parole di Flavio Briatore sullo sviluppo turistico, ci chiediamo: qual è l’Italia che ha in mente l’imprenditore piemontese? Un paese dei balocchi ancorato a categorie novecentesche, senza nessuna consapevolezza della propria cultura e, soprattutto, senza nessuna idea di futuro.
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Il punto non è che Flavio Briatore ha "attaccato" i pastori sardi. E non lo è nemmeno aver bacchettato la Puglia per le sue masserie, non adatte a ospitare i ricchi che cercano sistemazioni extra lusso. Anche perché, diciamocelo, che in Italia ci sia un problema di infrastrutture è cosa nota, non da oggi e non solo in campo turistico.

Ma un conto è ragionare su come sviluppare il nostro comparto turistico, in particolare al Sud, un altro è approcciare a questa materia dal piedistallo del capitalista che non ha idea di cosa parla. Perché la domanda è – ed è questo il punto – di cosa parliamo quando parliamo di turismo in Italia nel 2016?

Parliamo, innanzitutto, di quale visione del nostro paese abbiamo. Se una visione di nazione svenduta ai vecchi e nuovi ricchi con i loro yacht, i loro resort e le loro ville di cemento – in una parola, un'idea da ventesimo secolo – oppure se vogliamo un paese che promuova il suo patrimonio artistico e ambientale, partendo dal presupposto che la tutela di ambiente e di cultura è non solo un dettame costituzionale, ma è anche l'unica possibile carta vincente nella partita da giocare, anche economica, nel mondo che verrà.

C'è dunque della verità profonda nelle parole di Francesco Caizzi, presidente di Federalberghi Puglia: «La Puglia non è Montecarlo, Briatore si rassegni». Già, la Puglia non è Montecarlo. Anzi. Potremmo dire che l'Italia non è Montecarlo e non potrà mai esserlo. Per fortuna, aggiungerei. Perché l'idea di uno sviluppo che passa dalla presenza dei super ricchi è semplicemente intollerabile. Come lo è l'idea che il nostro paese debba adeguarsi a standard di comfort per una nuova aristocrazia in ascesa.

No, l'Italia da costruire è un'altra. È l'Italia della cultura diffusa, di una bellezza che sia condivisa, che abbatta i muri e steccati tra classi sociali e gruppi. Non c'è paese senza sogno di cambiamento, non c'è sogno di cambiamento senza mobilità sociale e non c'è mobilità sociale senza cultura per tutti. Senza cultura non c'è più il paese, mettetevelo bene in testa.

Per il semplice motivo che il futuro che ci attende non può e non dovrà essere un paese dei balocchi (e dei Briatore) per pochi ricchi che ballano nei loro locali alla moda, mentre le masse di meno abbienti restano fuori a praticare il "vip watching". Il futuro dell'Italia ha molto più a che vedere coi pastori sardi di cui Briatore si prende gioco, che con la stirpe dei nobili per caso che vogliono trasformare l'Italia in un reality di dubbio gusto.

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Scrittore, sceneggiatore, giornalista. Nato a Napoli nel 1979. Il suo ultimo romanzo è "Le creature" (Rizzoli). Collabora con diverse riviste e quotidiani, è redattore della trasmissione Zazà su Rai Radio 3.
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