L’evento della settimana nella nostra penisola riguarda Valeria Fedeli, ora nominata a ministro dell'Istruzione. Il casus belli è assai semplice. Ed è stato Mario Adinolfi, giornalista e attivista con un passato nel PD, a sollevarlo sulla sua pagina Facebook: “Fedeli mente sul proprio titolo di studio, niente male per un neoministro all’Istruzione. Dichiara di essere “laureata in Scienze Sociali”, in realtà ha solo ottenuto il diploma alla Scuola per Assistenti sociali Unsas di Milano”.
Da qui la serie infinita degli attacchi e delle accuse. Ho conosciuto personalmente la signora Fedeli in una trasmissione televisiva su Rai3, dove cercai – invano – di discutere con lei: dico “invano”, perché non mi lasciò, di fatto, parlare, tenendo saldamente il monopolio della parola e impedendo con successo ogni possibile dialogo (salvo, poi, scusarsi per avermi pure inguriato in diretta).
Al di là di questo gustoso aneddoto personale, così commenterei la vicenda. La nuova classe dominante è interamente post-borghese: odia non solo il vecchio proletariato, suo storico nemico di classe. Odia anche, e non meno, la vecchia borghesia e il vecchio mondo borghese, nel quale la cultura – questo il punto – aveva un suo peso fondamentale.
La civiltà borghese era anche quella del colonialismo e di molte altre pratiche esecrabili, ma era anche il mondo che seppe produrre Goethe e Hoelderlin, Mozart e Hegel. L’odierna civiltà post-borghese è composta da una élite incolta, delocalizzata e delocalizzante che ha dichiarato guerra al proletariato e alla borghesia: odia i diritti sociali e i valori del lavoro (proletariato), odia l’eticità borghese (cultura, famiglia, Stato, enti pubblici). È, appunto, post-borghese e post-proletaria.
La signora Fedeli non è una esponente di tale élite, ma sicuramente è una sua degnissima rappresentante politica. Il nuovo ministro della istruzione che mentirebbe sulla propria formazione culturale… una scena che sarebbe davvero comica, se non fosse terribilmente tragica! L’odio dell’élite per il mondo della cultura, della formazione, della scuola e dell’università è palese, conclamato, ribadito: lo si vede nelle “riforme” che essa promuove, ma anche negli agenti che essa seleziona come ministri dell’istruzione.