Il memoir di Hanif Kureishi: lo scrittore racconta la paralisi improvvisa su Twitter
Mentre camminava per Roma con la moglie Isabella lo scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi ha perso i sensi e quando si è risvegliato era in una pozza di sangue senza poter muovere gli arti. Paralizzato. All'improvviso è cambiato tutto nella sua vita: "Qualche giorno fa è esplosa una bomba nella mia vita, ma questa bomba ha mandato in frantumi anche la vita di chi mi sta intorno. Mia moglie, i miei figli, i miei amici. Non c'è famiglia che non sia toccata dalla catastrofe. Quello che sembra stia accadendo è che tutte le mie relazioni vengono rinegoziate. Fa arrabbiare tutti, cambia tutto" ha scritto in uno dei racconti che sta facendo su Twitter, social che ha scelto per raccontare "in diretta" ciò che sta passando. Una vera e propria immersione nella sofferenza e nella sua nuova quotidianità, grazie all'aiuto del figlio Carlo che scrive per lui: "Credevo di morire. Credevo di avere ancora tre respiri" ha raccontato.
Un memoir in fieri, il racconto di un cambiamento improvviso e non voluto, il cambiamento della malattia, lo straniamento continuo, le piccole cose del quotidiano a cui aggrapparsi, la voglia di cercare il lato buono, ma anche una rabbia enorme, l'incomprensibilità di perdere ciò che aveva sempre dato per scontato, il dipendere dagli altri sempre. "How Easy it is to Nearly Die" scrive, "Quanto è facile quasi morire" è l'inizio di questo bollettino letterario quotidiano con cui l'autore di Il Buddha delle periferie e sceneggiatore di "My Beautiful Laundrette – Lavanderia a gettone" ha abituato i lettori a essere aggiornati sulla sua situazione. È il giorno del trasferimento dalla sua stanza all'Ospedale Gemelli di Roma in un altro posto, il racconto dell'amicizia con il suo medico, delle loro discussioni sulle gambe, su Giorgia Meloni e sui mafiosi, ma anche sulle traduzioni in italiano di Marcel Proust: "Devo dire che rimanere paralizzati è un ottimo modo per incontrare nuove persone".
All'Independent lo scrittore Salman Rushdie, che ha perso un occhio a seguito dell'attentato subito a New York qualche mese fa ha detto: "Sono sempre qui per lui, come lui c'è sempre stato per me. Spero che torni presto ad essere oltraggioso e birichino", mentre il regista Stephen Frears ha detto, sempre al giornale inglese: " È devastante quello che è successo. È così coraggioso. Tutti sperano che il pieno recupero sia possibile (…). Hanif è stato il primo brillante scrittore asiatico a essere effettivamente nato in Inghilterra e ad avere successo. La sua scrittura è piena di ironia e arguzia. Vede le cose in un modo straordinariamente unico; le sue storie cambiano vite e percezioni".
Leggere Kureishi è veramente immergersi nelle montagne russe della mente che cerca di volta in volta di adeguarsi alla situazione prima di ricadere nella depressione: "La mia nuova stanza è ampia e confortevole e dispone di servizi sofisticati. Immediatamente mi sento depresso. Sono disperato, non voglio stare qui, voglio tornare a casa, preferirei morire adesso. Ne ho abbastanza di questa merda. Sento che mi manca la forza per affrontare tutto questo. Non voglio davvero vivere così. È una merda e sono stanco di chiedere a Isabella di fare così tanto per me". Un pezzo di pesce rischia di affogarlo, un infermiere entra nella stanza: "Dice che sta controllando la mia taglia per la sedia a rotelle. A domani, cari amici, in questi tempi di merda, il vostro scrittore Hanif, e un bacio".
Il figlio Carlo ha raccontato che in fondo, il padre, "è sempre stato autobiografico nella sua scrittura". Twitter lo costringe a frasi brevi, lo scrittore dona al lettore immagini vivide, sa che deve cominciare e finire un periodo in pochi caratteri, ha scelto la sfida nella sfida, continuando a fare ciò che ha fatto per gran parte della sua vita, scrivere: "Il mio incidente è stato una tragedia fisica, ma le conseguenze emotive per tutti noi saranno significative, ma anche molto interessanti – aveva scritto in vecchi tweet -. Vorrei aggiungere che mi piace molto scrivere questo diario. Almeno non ho perso l'unica cosa che era più preziosa per me, cioè la mia capacità di esprimermi".