Il giallo del Raffaello di Civitavecchia: semplice copia o bozza per le Stanze Vaticane?
Una storia travagliata quella dell'affresco raffigurante la "Messa di Bolsena" ritrovato a Civitavecchia, in casa di un carabiniere in pensione. Il dipinto appare molto simile a quello raffigurato in una delle bellissime Stanze Vaticane affrescate da Raffaello fra il 1508 e il 1524, la Stanza di Eliodoro. Gli studiosi, dopo anni in cui l'opera era stata considerata una copia fedele di Ugo da Carpi, contemporaneo e allievo di Raffaello e della sua bottega romana, tornano sulla questione ed ipotizzano che a commissionare il dipinto sia stato invece proprio Raffaello Sanzio, che l’avrebbe ideato come bozzetto da mostrare a papa Giulio II. Dopo numerose ripuliture, sono emersi i primi dubbi anche negli studiosi che lo attribuivano con certezza ad Ugo da Carpi: perché, sebbene le differenze fra le due opere siano abbastanza consistenti, dai colori diversi di alcuni vestiti alla sistemazione differente di determinate scene, fino alla comparsa di un'aureola sui capi dei santi Pietro e Paolo, l'ipotesi della bozza in vista della vera e propria opera da realizzare in Vaticano resta in piedi.
Copia fedele o bozza preparatoria?
Il dipinto raffigura il miracolo eucaristico di Bolsena, avvenuto nel 1263 ad un sacerdote boemo che durante la celebrazione eucaristica, dubbioso della transustanziazione, vide improvvisamente sgorgare gocce di sangue vivo da un'ostia. L'avvenimento venne riconosciuto da Urbano IV e nel 1264 nacque la festa del "Corpus Domini". La scena dipinta da Raffaello nelle Stanze Vaticane riprende questo racconto, celebrando al tempo stesso il culto personale del papa e il trionfo della Chiesa nel concilio Lateranense aperto nel maggio 1512.
Secondo Alvaro Renzoni, giornalista, nell'attribuzione del dipinto a Raffaello è impossibile sottovalutare un dato importante: Giulio II, committente della Stanza di Eliodoro, in quel periodo era assiduamente presente a Civitavecchia, in qualità di controllore dei lavori di costruzione della Fortezza progettata da Bramante come roccaforte marittima dello Stato Pontificio. Raffaello avrebbe dunque preparato, o commissionato a dei collaboratori, la bozza, per sottoporla all'attenzione del papa prima di riportare la scena sulle mura Vaticane. Una versione che giustificherebbe almeno in parte le diversità delle due Stanze, ma che non convince fino in fondo alcuni esperti, dal momento che a quell'epoca realizzare bozzetti a grandezza naturale non rientrava nell'uso comune.
La scoperta e l'abbandono
Il probabile affresco di Raffaello al momento resta ancora un mistero: scoperto più di quarant'anni fa, ha subito i danni dovuti alla trascuratezza ed alla dimenticanza, e solo in seguito, dal 2009, dopo essere stato ricoperto quasi del tutto, è iniziato il restauro di ciò che rimane. Il dipinto venne scoperto per caso 40 anni fa, nel 1972, dal signor Tarcisio, carabiniere in pensione: lavorando da solo al restauro dell'appartamento appena comperato per la famiglia, sotto strati e strati di vecchie tinteggiature si trovò di fronte ad una spada e poi al braccio di quello che sembrava un "grande angiolone". Proseguì, ripulendo le quattro pareti e tirando fuori ampi frammenti di pitture. L'entusiasmo iniziale, che aveva contagiato anche gli altri condomini scatenando nel palazzo una frenetica caccia al tesoro, cedette ben presto alla preoccupazione di vedersi confiscare la casa: il signor Tarcisio e la moglie decidono dunque di ricoprire tutto e di dormire sonni tranquilli, lasciando visibile solo un grande spazio, una sorta di "finestra su Raffaello", quella della "Messa di Bolsena". Fu per merito di un giovane precario assunto dall'amministrazione comunale come responsabile del patrimonio storico, Vincenzo Allegrezza, che il caso iniziò a destare l'interesse degli studiosi e dei media. Il giovane sottopose il dipinto addirittura all'allora onorevole Vittorio Sgarbi, che aveva individuato la probabile mano di un artista del XVI secolo.
Ma questa storia ha un finale prevedibile, scontato: dopo l’insediamento della nuova giunta e il licenziamento dei precari del comune, di cui faceva parte Vincenzo Allegrezza, la figura del responsabile del patrimonio storico è stata totalmente eliminata. Non sono state assegnate deleghe neanche all'assessorato alla cultura, perdendo così tutto il lavoro fatto fino a quel momento per valorizzare gli affreschi di Raffaello, con grande rammarico dello stesso Allegrezza: "Spero che almeno i giovani si rendano conto di un ideale in cui io credo profondamente: un popolo senza il suo passato non può avere un futuro. Allora un sindaco, di qualsiasi colore politico, non importa di quale partito, pietosamente ridarà a questa materia la dignità che le compete, una dignità che le è stata levata, con grande dolore arrecato anche al sottoscritto che era il precario che se ne doveva occupare".