E' uscita su Amazon l'inserzione per vendere una nuova maschera di carnevale per bambini: da profughi. Un e-commerce promosso da una ditta inglese, che il noto portale di vendita-acquisti on line ha poi pensato di rimuovere dopo le numerosissime proteste indignate che si sono riversate.
L'immagine è di due bambini, un maschio e una femmina, vestiti assai più compitamente di quelli che arrivano-vivi- sulle nostre coste. I finti stracci hanno una foggia antica e una consistenza che non può corrispondere a quella attuale. Portano anche valigie di una volta e i volti di entrambi sono truci, anche se la bambina sorride. E l'annuncio soprattutto è ambiguo: “bambini, costumi da profugo”cui segue una specifica, ma in tedesco: “1-2 Weltrkrieg”, ovvero Prima e Seconda Guerra Mondiale. Insomma si spenderebbe dai 24 ai 36 euro per mascherare il proprio figlio da piccolo profugo da una guerra. La parte peggiore dunque, se è possibile, sta proprio nel gioco delle ambiguità. La ditta inglese per vendere due costumi -di un'epoca lontana- ha evocato la parola “profughi” proprio valendosi del riferimento con la tragedia umana in corso.In sostanza si è lavata la coscienza mascherando l'oggi con ieri.
La storia dei costumi di carnevale per bambini puntando sul marketing delle tragedie o degli scandali, veicolati dai media in misura abnorme, ha anche altri precedenti. Ai tempi del martellamento mediatico sull'uccisione della giovanissima Sarah Scazzi – era il 2011 – in cui le giornate televisive facevano bottini di ascolti con la morbosità della vicenda e con la morte atroce di Sarah, un negoziante di Napoli inventò la maschera “di un personaggio televisivo del momento” (così si era giustificato), cioè da Zio Michele, appunto incriminato di aver strangolato la nipote. Il costume era presentato su di un manichino di bambino completo di cappello da contadino, gilet e corda per strangolare. E comunque il creativo venditore non si fermò solo a quello. Ne inventò poi una da Berlusconi e anche una da Ruby con piume di struzzo e parrucca a boccoli biondo platino (in sostanza aveva voluto solo evocare l'abito da prostituta per una bambina).
Amazon si è poi scusata: “gli articoli sono offensivi nel modo in cui sono presentati” ha scritto in un comunicato e “tale articolo è potuto apparire perché ci sono venditori terzi che inseriscono i loro prodotti su Amazon come market place. Non appena abbiamo avuto segnalazioni dagli utenti ci siamo mossi per rimuovere l’articolo di pessimo gusto”.
Oliviero Forti, responsabile nazionale Caritas emigrazioni ha suggerito all'azienda “di investire gli stessi soldi per comprare un giubbino per un bambino che magari si trova in questo momento in mezzo al mare”.
E' evidente che si possono fare diversi genere di affari con il marketing dei disastri umanitari esattamente come fa molta della politica e dei media. Per non parlare dei bambini e dei loro diritti evocati soprattutto in questi giorni "family day" contro "unioni civili". I due citati potrebbero sembrare soltanto due episodi di grandissimo cattivo gusto, ma si inseriscono in un solco ben più ampio e profondo che è quello dello sfruttamento dei bambini per qualsiasi iniziativa sulla quale si possa lucrare.
Magazine e quotidiani – letti ovviamente da adulti e che quindi parlano a un mondo adulti – sono il medium preferito dalle case di moda che fanno pubblicità di abiti per bambini presentandoli in pose da adulti. E non sarebbe neanche difficile trovare il responsabile: è scritto in grande. E' la casa di moda che si pubblicizza. Le bambine ammiccano piene di malizia a degli adulti che sono quelli che compreranno quegli abiti per far somigliare i propri figli a degli adulti. Magari subito dopo aver protestato a gran voce "a favore del diritto del bambino”.